La realizzazione di un sogno, di un sogno in due.
Con-dividere con la persona che hai scelto di avere accanto per il resto della tua vita uno dei momenti più importanti nel
ciclo di vita della coppia: la nascita di un figlio.
La camera pronta per accogliere la bambina, il fasciatoio e la culla, le aspettative, le domande su che tipo di padre e di
madre saremo, di che tipo di genitori diventeremo, l’idea-sentimento di una famiglia che porterà tutto il necessario per
una vita piena di intensità e passione.
Nove mesi di gravidanza, novi mesi di attesa, nove mesi di fantasie su chi diventerò io, su chi diventerai tu, su chi
diventeremo noi attraversando il “ponte” dall’essere in due all’essere in tre.
Poi accade l’imprevisto, quello che non ti aspetti, quello che soltanto agli altri poteva capitare, ma mai a me.
Il battito del cuore, la vita che si gioca nell’arco di pochi secondi, le scelte da prendere con coraggio all’istante, la
responsabilità di discernere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto.
Chi è il responsabile della morte di un desiderio? Chi devo incolpare per la mia, per la nostra felicità? Chi deve pagare
per l’ingiustizia accaduta?
La sensazione è come quella di non essere stati invitati al proprio compleanno. Invece di festeggiare la nascita di un
nuovo tramonto, si piange la fine di una rosea giornata che muore nel buio del tramonto.
Quanto può reggere una coppia se non raggiunge gli obiettivi che erano stati originariamente pattuiti, se i significati per
cui i partner hanno iniziato a giocare insieme divengono gli stessi per cui si raggiunge il culmine della crisi.
Lottare una vita per scappare dalla tua famiglia d’origine, per costruirne una tua, una diversa, a modo tuo…e più scappi
e più ti sembra di essere sempre lì, bloccato nella gabbia. Relazioni invischiate e indifferenziate che sembrano come
boomerang: più le lanci con forza lontano e più ritornano con violenza indietro.
Tutti i “te l’avevo detto”, “se avessi fatto come diceva tua madre…”, tutti i nodi relazionali che tornano con più
puntualità di un orologio svizzero.
Ma chi siamo davvero noi? Io sono ciò che non voglio essere? Oppure la consapevolezza dell’uomo che non voglio
diventare è essa stessa il trampolino di lancio verso la mia stella, verso la mia strada. La strada in cui si smette di essere
“oggetto di” e si diventa “soggetto di”.
La strada che passa dalla vergogna e dalla fragilità dell’essere umano nella crisi e arriva fino alla purificazione della
catarsi, luogo di autentica riconciliazione e incontro con se stesso e con l’altro.
Dare alla luce un figlio significa essere generativi. Piantare un albero di mele, invece, non lo è?
immagine Cercami di Giuliano Macca