La comprensione dei fondamenti psicofarmacologici permette di evitare tutta una serie di pregiudizi, siano essi di negativi o miracolistici, riguardanti le terapie farmacologiche. Gli psicofarmaci non sono di per sé buoni o cattivi, sono strumenti che se saputi impiegare possono essere di estremo aiuto nel garantire un recupero in tempi più rapidi e nello scongiurare l’evoluzione verso prognosi infauste. Il mancato impiego nelle situazioni di una certa gravità solleva una serie di questioni deontologiche, etiche e legali. Uno psicofarmaco non è mai una molecola asettica: si porta dietro le aspettative della persona, dei familiari e la modalità dell’atto prescrittivo. Proprio in ciò emerge l’importanza di letture sistemiche che consentano il miglior intervento possibile, in base alle conoscenze che abbiamo al momento, evitando pregiudizi e posizioni rigide che oltre al non essere d’aiuto possono causare ulteriori complicazioni e interventi messi in atto quando ormai è troppo tardi.
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