Max Di Mario, mestrino classe ‘89, durante la sua estremamente lunga e travagliata carriera universitaria a cavallo tra fisica e filosofia, inciampa nella scrittura poetica e non si riprende più dal colpo. Dal 2017 partecipa a tantissimi poetry slam in giro per l’Italia, organizza eventi culturali legati alla poesia e vince qualche premio che si fregia del nome di poeti morti (per lo più soli e alcolizzati).
Da qualche anno abita a Firenze, dove ha dato vita al progetto poetico Poesiaininterrotta e al collettivo di improvvisazione narrativa e poetica Tekken Poetry,insieme a Luca Bernardini e Marco Dell’Omo. Inoltre ha appena formato il nuovo collettivo dei Ripescati Dalla Piena: compagnia che si pone l’obiettivo di promuovere la poesia, in tutte le sue forme.
Max Di Mario ha l’abitudine di illustrare i testi poetici sul taccuino, che porta sempre con sé, con dei bellissimi disegni. Continua ad amare le ombre e i bacari come quando aveva vent’anni, anzi, forse ancora di più.
Tutto questo, lo porta a creare poesie che stimolano l’ispirazione e la curiosità: fanno ritrovare l’entusiasmo di condividere e di progettare. Avviene un contagio creativo: sorge il desiderio di rispondere con un’altra poesia, di creare un duetto che diventa coralità, fratellanza, una catena poetica che dilaga tra tutti, sulla terra.
ALLA TERRA
Cosa posso imparare
da tre germani reali
che risalgono la corrente,
dalla quiete del fiume
che mi ignora asciugando
i miei occhi mentre mi bagna i piedi.
I loro becchi sfregiati dalla pioggia
di luce, specchiata nei piccoli gorghi
tra i giochi di nero petrolio
delle ombre,
gli arresti e le fughe
che i miei occhi di uomo
non sapranno mai riconoscere.
Sono ancora me stesso quando riemergo
o sono simile al cane
che mi lecca la faccia,
scappando subito via
incontro al tramonto e alla prossima pozzanghera?
Ce l’ho anche io, qui
la mia pozzanghera in cui tuffarmi
affidando il destino alle gambe
e alle braccia tese,
alle narici chiuse
e alla penna che inabissandosi
puntualmente le delude.
Afferro un sasso, lo lancio.
Peccato.
Non sono mai riuscito a infondere
i poteri dell’aria alla terra,
trasformare il tuffo in rimbalzo.
Per quanto il braccio ci creda.
Per quanto il sasso sia piatto.
Il poeta va alla ricerca di un uomo che attui la propria metamorfosi, in una concezione di natura antropomorfa e di uomo in contatto con l’ambiente circostante. Un uomo alla ricerca di un nutrimento interiore, di un tuffo, di un sobbalzo che lo animi e accresca la fiducia nel futuro.
L’esterno nutre poeticamente l’interno, e viceversa, attraverso l’atto poetico, colto nell’essenza e appuntato su un foglio. Immacolato.
La poesia si cala in un discorso quotidiano con se stesso e con gli altri.
Le cose di ogni giorno assumono un significato fondamentale per la sopravvivenza emotiva e per lo scambio nelle relazioni.
L’autore si occupa di tutti i piccoli gesti e azioni, che migliorano la qualità della vita e danno consapevolezza. Come espone Bergman, a proposito del teatro: “L’unico talento che io ho è quello di amare quel piccolo mondo racchiuso tra le spesse mura di questo edificio e soprattutto mi piacciono le persone che abitano qui, in questo piccolo mondo. Fuori di qui c’è il mondo grande e qualche volta capita che il mondo piccolo riesca a rispecchiare il mondo grande tanto da farcelo capire un po’ meglio.[1]”
Lo scrittore è alla ricerca di un senso esistenziale, che risollevi dalle pozzanghere e dalle crisi delle nostre generazioni.
[1] Film Fanny e Alexander, di I. Bergman – Sve-Fr-RFT (1982).
Individua i dualismi “impotenza-potenza”, “spento-acceso”:
““Felice nel paese delle meraviglie dentro di sé piange
e lapida la noia coi bassi di una musica potente
mentre impotente assiste allo scorrere dell’esistenza
come un fiume fugace di inconsistenza
…
Felice nel paese delle meraviglie si è spento
si è spento prima ancora di essersi acceso”.
Si interroga su “la libertà di decidere se combattere per la tempesta o per la quiete[1]”, e descrive un uomo che si pone degli interrogativi sulla sua dimensione evolutiva, più o meno potente.
In un mondo composto da riflessioni e diramazioni (tra le sorelle Filosofia e Psicologia), il pensiero è un punto di riferimento importante, con il quale confrontarsi, anche in modo scherzoso:
“Pesci con squame morbide come panna.
Così li immagino, i miei pensieri.
Oppure: scivoli così piccoli da stare
immersi nella peluria dorsale di un bruco
come nel mezzo di una foresta di palme”[2].
La poesia di Max di Mario è un fiume in piena, che bagna gli argini delle altre arti (con riferimenti alla musica, ad esempio) e sfocia nell’oceano della psicologia.
[1] Poesia di Max Di Mario Tempesta Imperfetta.
[2] Poesia di Max Di Mario Tisana.
BISONTI
Mi sono dimenticato l’ombrello
le chiavi della macchina, le mutande
il pudore, e perfino il buon senso
mi sono dimenticato di fare sesso
con la mia mano destra
prima di uscire di casa
mi sono dimenticato la porta di casa
aperta
il fornello acceso
un paio di domande in sospeso
nel terzo ripiano del frigo
tra il gorgonzola e le Enneadi di Plotino
ho dimenticato tutti i libri del mondo
prima ancora di leggerli e forse
addirittura di comprarli
ci ho dimenticato dentro tutti i segnalibri
regalati in promozione dalla Feltrinelli
negli anni, ho dimenticato gli incubi
e i sogni, accanto al dentifricio
fermi alla fase dell’igiene orale
prima di interpretarli
ho dimenticato il cane, il serpente a sonagli
le cocorite e i tronisti ottuagenari
ho dimenticato di disinfettare le ferite
prima di incidermi la pelle con
un tagliacarte di carne
ho dimenticato come si taglia
ho dimenticato come si parte
ho dimenticato come si sbaglia
ho dimenticato quanto condimento mettere
sopra ogni strato della lasagna
ma sono tranquillo
perché tanto ho dimenticato come si mangia
ho dimenticato il galateo
le regole base della buona educazione
il contratto sociale della sovrana conversazione
come si saluta quando si starnuta
se si ride prima o dopo la battuta
se si può dirlo in faccia a chi la fa
quando non fa un cazzo ridere
se per noia si può uccidere
come si capisce quando sono sdoganate
le scoregge libere
se si rutta con la bocca piena
se si bacia a bocca asciutta
se vale la pena salvare una relazione
quando è alla frutta
e in caso quanto vale la pera o la ciliegia
in un contratto di labbra part-time, stipulato
sotto la seducente supervisione del sindacato
quanto valgono i silenzi
cioè il cambio euro silenzio
di questi tempi è buono?
che me lo sono completamente dimenticato
come la differenza tra diritto e delitto
tra scomparso e prescritto
tra consumatori e cittadini
tra inceneritori e distese di ciclamini
ho dimenticato tutto
sono partito così, con quello che avevo addosso
senza pensare alle conseguenze
come se il domani potesse essere un infinito presente
una polaroid ancora bianca
da agitare finché il polso si stacca
c’è un universo intero in quell’agitare
la vertigine prima del tuffo
nel momento in cui dimentichi come si cade
in cui parti senza conoscere
la forma delle strade
gli asfalti, le albe e le scalinate
il cemento sotto i talloni, le mandrie di bisonti
che inseguo tra una fermata e all’altra della metro
quando ogni errore è sospeso
e il vagone è un mondomercato
una porzione caotica di mani porte automatiche e
sguardi mancati, lo spaziotempo intero
pieno e vuoto di tutto quello di cui non ho bisogno
e che misteriosamente mi basta
dove non sono niente
dove non so più niente
più lontano che mai da me stesso
quando la voce dirà il nome della fermata
mi basterà scendere, e sarò arrivato.
L’atto di scrivere (o un suo equivalente artistico) diventa un veicolo indispensabile per comunicare, per accendersi e per combattere lo spegnimento: “lasciando scorrere una poesia, accendersi un istante, e poi via[1]”.
Il benessere psicologico si può raggiungere nel tragitto dall’impotenza alla potenza, intesa come risorsa “matura”: pronta ad essere colta, e nuovamente coltivata, in un percorso di sviluppo dalla dipendenza all’autonomia.
La poesia diventa dunque uno strumento “potente” per sconfiggere l’impotenza, l’indifferenza e l’ignoranza che imperversano.
Il ruolo del poeta è quello di mandare un omaggio Alla terra, un messaggio a nome della collettività, alla ricerca della felicità e di altre meraviglie.
ALTRE MERAVIGLIE
Felice nel paese delle meraviglie tace
immerso nel sottobosco mistico
della sua pace
una cuffia per orecchio
sputa un violento rap sopra una base dubstep
e il cuore si tuffa attraverso lo specchio
del silenzio fragile
come un castello di carte (rumore
rumore
rumore) caldo e fluido come il suo stesso sangue
Felice nel paese delle meraviglie dentro di sé piange
e lapida la noia coi bassi di una musica potente
mentre impotente assiste allo scorrere dell’esistenza
come un fiume fugace di inconsistenza
passeggia e pensa
accelera il passo, corre
rincorre l’ansia di essere in ritardo su tutto
rincorre la notte, rincorre la memoria che il suo
presente ha distrutto
presidente della repubblica del niente
pubblica un post insulso, sulla bacheca
che pullula di insulti — ed esulta
per il risultato di un reality
a cui non ha neanche partecipato
Aliti
di voci digitali disgregate in atomi
segregate in attimi che ali
di angeli di Victoria Secret trasformano
nell’alibi di un amore immaginato
che nel buio anonimato esplode
in una sega
Felice nel paese delle meraviglie prega
anche se non crede in niente
si pente, anche se nessuno gli dà l’assoluzione
Felice nel paese delle meraviglie trova la soluzione
in un flacone di pastiglie
maniglie di porte che si aprono
proiettandolo in un vivere più
forte, veloce, feroce
come una scarica di testosterone
all’una di notte scrive ACAB alla stazione
e scrive un messaggio a sua madre dicendo
che sta bene e che tornerà presto a casa
fuma, fissando in silenzio la strada
e tutto il resto è tabula rasa
l’alba è un sorriso che latita
una felicità fradicia che non basta
nemmeno a sciogliere i due gusci
di ghiaccio che ha in faccia
Felice nel paese delle meraviglie abbraccia il cuscino
e cerca di dormire
una cuffia per orecchio
umore statico collegato a un lettore scarico
e l’unico suono è il silenzio precario
di un sogno che rimane ogni notte sospeso
Felice nel paese delle meraviglie si è spento
si è spento prima ancora di essersi acceso.
[1] Poesia di Max Di Mario Tempesta Imperfetta.