Paolo Agrati si dedica alla scrittura, alle performance dal vivo e anche al canto nella Spleen Orchestra e al lavoro di speaker. Nel 2019 scrive e conduce Poetry Slam! il primo torneo televisivo italiano di Poetry Slam.
Ha pubblicato le raccolte di poesia: Tecniche di seduzione Animale (autoprodotto, 2020), Poesie Brutte (Edicola Ediciones, 2019), Partiture per un addio (Edicola Ediciones, 2017), Amore & Psycho (Miraggi Edizioni, 2014), Nessuno ripara la rotta (La Vita Felice, 2012), Quando l’estate crepa (Lietocolle, 2010) e il libriccino piccola odissea (Pulcinoelefante, 2012). Qualcosa su di lui si trova anche sul sito: www.paoloagrati.com.
L’ultimo libro comprende testi inediti, principalmente poesie d’amore, scritti a partire dal 2017. È stato autoprodotto con successo durante il lockdown, attraverso un’operazione di crowdfunding: campagna senza un gestore, basata solo sui social dell’autore e sviluppata come risposta alla chiusura e all’impossibilità di fare spettacoli e attività artistica.
In Partiture per un addio si interessa al tema del suicidio, che indaga attraverso fonti narrative e poetiche. L’autore racconta delle storie tramite la scelta delle voci narranti, che sono tutte vicine al suicidio. Senza retorica né giudizio, esalta la forza vitale dei personaggi che si confrontano, per loro scelta, con la morte. Attraverso le parole poetiche, vengono scandite delle note, che raccontano il momento della fine.
Le brevi e intense poesie si concludono con lo stesso finale e lasciano spazio alla riflessione sulla fragilità, ma anche sulla potenza dell’occasione che la vita ci dà.
Il messaggio è di coglierla e assaporarla pienamente.
La poesia di Paolo Agrati compone un canto per l’esistenza, in cui ognuno di noi possa riconoscersi: una composizione che, da individuale, diventa universale.
Si intraprende un viaggio poetico e psicologico, fatto di tragitti orizzontali e verticali, che rappresenta la fiducia e la perdita di speranza: una miscela di vita e morte.
La psiche è colta nei suoi elementi contrapposti. L’essere umano ha una personalità psicologica composta da controparti; spesso, ad esempio, una persona è tanto solare quanto ombrosa: in maniera direttamente proporzionale crescono gli aspetti duplici e opposti della mente.
Il contenuto e lo stile dei testi si trasformano, inseguendo entusiasmi e scoraggiamenti. L’umorismo e il desiderio vitale di scherzare, di ridere, di stare bene, scorrono paralleli all’impulso distruttivo di farsi del male e di morire.
Le storture, le brutture sono celebrate al pari della bellezza della natura, sempre da conoscere (e che si veste nuovamente di verde), e della donna amata (col suo profumo di rosa sbocciata).
Vengono celebrate contemporaneamente la bellezza e la bruttezza, la pienezza e la mancanza, il sacro e il profano, che si intrecciano tra di loro per incidere un segno nella società.
Con una sola mano sgrano l’uva americana
chicco per chicco come la vecchia sgrana
il rosario. A differenza sua, la mia preghiera
è un bestiario. Ad ogni acino che non s’eleva
in vino chiedo che il tempo spezzi la trama
tra il timore e il credo. Che non mi spinga alla fede
nei giorni prossimi all’addio ma soltanto verso
la paura. Come un animale che cede alla natura.
In questa poesia sono contenute molte tematiche sviluppate da Paolo Agrati: la fiducia si alterna alla paura, in un mondo dove è importante confrontarsi e imparare anche dal regno animale. Il poeta comunica che è possibile contattare le proprie inquietudini e appassionarci, ancora e ancora, all’ambiente intorno a noi: alle persone e agli esseri viventi che ci circondano. Ci possiamo entusiasmare o incuriosire ogni volta delle stesse piccole cose in maniera nuova e grande. Gli oggetti di ogni giorno, come una forcina o un picciolo di ciliegia, vengono valorizzati insieme alla balena, in una collettività che si può scalfire attraverso la scrittura.
E l’ora che una società di traslochi aerospaziale
si porti via i piedi e le gambe degli esseri umani.
Li vorrei seduti, mansueti, a contemplare i temporali
a brucare erbe aromatiche per migliorare il fiato.
E con le bocche piene di prato modulare i suoni.
Nelle penne, arrotolate, ci sono le parole che verranno
stanno lì amalgamate nel brodo primordiale dello scritto.
Tramite la poesia si può creare uno squarcio vitale, e non mortale: un’apertura che non sia una ferita, ma una partitura verso un cambiamento individuale e relazionale.
TERAPIA DI COPPIA
Mi hai portato da un tizio, che vuole farsi i cazzi nostri.
Nel suo studio ci sediamo su una poltrona tutti e tre:
lui di lì
io di qua
tu di là.
Lui accavalla le gambe, sorride e dice: eccoci qua.
Parliamo per un’ora, anche un’ora e venti.
Io dico sempre troppo. Gli parlo di me di te
dei biscotti che mangio al mattino, della passione sfrenata per gli zombie
di mia madre, del suo ragù, del fatto che fisso la gente, che piscio di nascosto nel lavandino che a fatica reprimo il desiderio di aggredire
uno a caso di quelli di Deliveroo per rubargli una cena a sorpresa.
Mi piace parlare, non faccio fatica a dire le cose, io.
Tu non dici quasi niente. Sei un po’ introversa tu.
Sorridi, sospiri guardi all’insù. Fai un po’ più fatica a dire le cose.
Le pesi, le dosi, ma le dici anche tu.
Lui invece no. Lui non parla.
Ogni tanto infila una frase, fa la domanda giusta, un sorriso e poi:
con lo sguardo dritto, con un braccio lungo il grembo
che sostiene l’altro che con la mano sostiene il mento:
si fa i cazzi nostri per tutto il tempo.
Se ne fa tanti, una scorpacciata di cazzi nostri.
Che poi hai notato, che ha un orecchio accartocciato?
Un’orecchia piegata come quella di un libro, lo hai notato?
Come facciamo a fidarci amore, di uno con l’orecchio accartocciato?
Quando parla non riesco a seguirlo, non riesco a seguire nessun consiglio
perché l’orecchio accartocciato mi distrae, mi confonde.
Quando parla, secondo me, piano piano, lo accartoccia con un muscolo strano con un muscolo della tempia del quale ignoriamo l’esistenza.
Ma perché amore dobbiamo pagare uno per farsi i cazzi nostri?
Potremmo accontentarci della vicina, della cassiera del Carrefour
della postina, di quella tua amica strana di Torino
che ce ne hai di amiche strane, di Torino.
E poi che cosa ci farà con i soldi che gli diamo?
Magari li spende male, li usa per mangiare cibo spazzatura
compra il ketchup, li butta nelle slot machine del tabaccaio
prende le sigarette al mentolo o quelle sottili
o peggio quelle sottili al mentolo!
Magari finanzia partiti del cazzo
va ai concerti di Umberto Smaila
compra i libri di Giampaolo Pansa
Magari va in vacanza in Egitto in un villaggio di merda
solo per farci un dispetto.
Magari paga un terapista al quale dice tutto di noi.
Perché si sa che in fondo ognuno è il problema di qualcun altro.
Perché lui lo sa, cosa pensiamo
lui ormai sa quasi tutto.
Lui lo sa.
Lui lo sa, che abbiamo delle difficoltà
ma che ci amiamo.
Lo sa quanto cerchiamo di capirci
quanto teniamo l’uno all’altro.
Quanto temiamo la vita
che scorre aldilà della nostra volontà.
Lui lo sa quanto è fragile l’amore
Lui lo sa.
Questo meraviglioso testo “Terapia di coppia” fa sorridere e commuovere e rappresenta davvero bene l’essenza di una terapia di coppia.
Emerge la profondità del legame, costruito con fatica e impegno, aggiungendo ogni giorno un mattone da incollare con l’impasto fragile e saldo dell’amore, verso un progetto comune, che possa durare nel tempo.
Per un allievo in formazione leggere questo scritto può essere utile anche per mettersi nei panni del paziente. Vengono espresse le resistenze e le difese rispetto al terapeuta, che sono le stesse per tutti: a volte è difficile riuscire a fidarsi, affidarsi e anche concentrarsi: “quando parla non riesco a seguirlo, non riesco a seguire nessun consiglio perché l’orecchio accartocciato mi distrae”. Viene utilizzato l’umorismo in maniera terapeutica per alleggerire la pesantezza della terapia: per ridere nei momenti di crisi e superare i periodi più duri.
La problematica economica, che differenzia lo spazio della terapia da una chiacchierata con la cassiera del Carrefour, con la postina o con quella tua amica strana di Torino;apre alle riflessioni:“e poi che cosa ci farà con i soldi che gli diamo? Magari li spende male, li usa per mangiare cibo spazzatura, compra il ketchup”.
Attraverso una serie di riflessioni, che avvengono gradualmente (proprio come gradualmente si stabilisce l’alleanza terapeutica), si approda alla fine alla definizione del terapeuta come garante della coppia e alla consapevolezza che può tutelare il legame affettivo perché ha capito: “Perché lui lo sa”.
Tecniche di seduzione animale
Se fossi una rondine dell’isola di Giava
sul declivio di una grotta
costruirei un nido con la bava
perché tu, possa covare le nostre uova.
Con le corna dello stambecco
prenderei a testate chiunque, per ore
per rimanere il solo con te sul picco.
Fossi l’uccello del paradiso
allungherei le ali il collo e le piume
per una danza folle al tuo cospetto.
Come balena farei balzi sulla schiena
per mostrarti il petto, oppure orso polare
nudo nella neve, giocare assieme a te.
Fossi un pesce lanterna nel buio
dell’oceano morderti un fianco
per diventare una sacca vivente di sperma
e rimanere noi, per sempre.
Come un albatro percorrere i mari
per miglia e miglia fino a un’isola spoglia.
Ogni anno, in attesa del tuo arrivo sullo scoglio.
Come un ragno pavone australiano
seguire il filo che hai tessuto col tuo odore
ovunque conduca. Alle tue fauci, perfino
qualora il mio ballo, non t’impressioni.
Invece io, che sono solo un uomo
ho imbiancato la stanza da letto
ho montato l’armadio, rassettato la casa
messo il tuo nome sulla cassetta della posta.
Ho comprato una scorta di carta
igienica perché tu ti senta sicura.
E attendo il tuo arrivo, mia primavera.
La fase del corteggiamento è centrale per costruire un buon rapporto e andrebbe rinnovata continuamente nel tempo. Per Paolo Agrati possiamo imitare gli animali per cercare l’intimità e il senso di appartenenza alla coppia (e, al bisogno,“fingersi morti in qualche bar come un opossum”[1]). Le poesie, infatti, si muovono in universi relazionale fatti di branchie e di piume, nei quali l’uomo ricerca le caratteristiche specifiche della propria specie. L’essere umano va alla scoperta della propria natura (carattere ed essenza): della propria “ghianda” interiore[2], per conoscere se stesso:
Mi stavo specchiando
in un armadio componibile
per capire meglio chi sono.
Ti ho persa
Ti ho persa, ti ho persa all’Ikea.
Mi stavo specchiando
in un armadio componibile
per capire meglio chi sono,
mentre il mio profilo disegnava
la curiosa forma di un dirigibile
sull’anta del mobile.
Forse ti sei diretta, nella marea
di ripiani e accessori, al reparto
sogni, per provare un materasso
un divano letto o una poltrona
che appagasse i tuoi desideri.
Ti sei perduta nell’oceano di stoffe
nelle valanghe di tessuti
o nel bianco immacolato dell’area cessi.
Avevamo in programma un futuro migliore
fatto di bicchieri e stoviglie nuove
di credenze a buon mercato, di strani nomi
con cui chiamare il domani.
C’era un progetto creativo per ogni stanza
avevamo stabilito ogni spazio
sapevamo esattamente
come riempire le nostre mancanze.
Ma ti ho persa, ti ho persa all’Ikea.
Ho vagato come uno zombie affamato
nell’area cibo tra biscotti allo zenzero
polpette, marmellate e wurstel con la cipolla croccante.
Abbagliato appena prima, come una falena
dalla parete di luci delle lampadine appese.
Come un salmone norvegese
ho risalito dalla foce, la corrente di persone
affogate nel labirinto di scaffali
assorte nello studio di montagne di oggetti rari.
Forse non hai seguito le frecce
che indicano il cammino, forse
non c’erano più ometti gialli e blu
ai quali chiedere consiglio.
Forse hai incontrato qualcun altro
senza dubbi, con un foglio sul quale
aveva già scritto tutto
con quella minuscola matita del cazzo.
I nomi delle cose, le misure
le istruzioni su come usare lo spazio e il tempo.
Forse mi hai aspettato a lungo
alle offerte speciali
come ci eravamo detti
un posto che ancora ignoro dove sia
e forse sono io ad essermi perso
sopraffatto dalle cose di questo mondo
sommerso dall’assenza di un’idea.
La Coppia è un’entità trattata e analizzata, con umorismo e profondità, rispetto ai suoi incastri, ai pieni e ai vuoti, ai progetti e alle insicurezze degli imprevisti: “sapevamo esattamente come riempire le nostre mancanze. Ma ti ho persa, ti ho persa all’Ikea”.
Nonostante “il programma di un futuro migliore, fatto di bicchieri e stoviglie nuove”, c’è il rischio di perdersi (di perdere se stesso e la coppia) e la paura di non ritrovarsi più:
Forse mi hai aspettato a lungo
alle offerte speciali
come ci eravamo detti
un posto che ancora ignoro dove sia.
Il tema della coppia si amplia fino a comprendere le relazioni con i genitori, con i vicini di casa, con gli animali, col verde di un prato, con la metropoli di notte, con l’universo…
“Risuonava un blu sconfinato.
Un blu profondo dove l’eco
delle piccole pinne leggere
remando in un remoto flusso orizzontale
muoveva grandi onde d’acqua sottomarina
lasciando che l’enorme
corpo trafiggesse l’oceano
come un dito nella crema.
E dietro agli occhi sentire il tonfo
il sordo suono dell’acqua che contiene
tutti senza contenere alcuno.
Poi balzare alla bottega di mio padre
che infilava un ago ricurvo
nella stoffa di un materasso
come chirurgo nella pelle di un coriaceo animale
mentre fuori in cortile scorrazzavo
cavalcando il mio trattore di gomma
rosso sulla ghiaia tra le siepi fino all’orto.
E mia madre che mi chiama dice: Paolo non ti sporcare”.
…e tutto questo fa da sfondo all’evento poetico raccontato, che comprende ogni essere vivente.
Le poesie di Paolo Agrati si occupano, dunque, delle relazioni: sia degli aspetti dinamici che di quelli disfunzionali, che possono portare anche al suicidio: “affinché cessi di scandire, pioggia dopo pioggia, questo privato temporale”[3].
Nella raccolta di poesie Partiture per un addio cambia lo stile poetico, che diviene conciso e netto come lo scoccare di una lama sulla pelle.
Ci si muove sulla scacchiera della vita e della morte, si fanno i passi sullo spartito che compone il suono e la storia della propria esistenza fino alla fine.
III
La lama dovrebbe affondare piano
ad allargare la carne in un solco
che la divarica in parti e poi piano
ma piano davvero, la vita perdersi
come moneta dal taglio della tasca.
La carne benedetta alla quale tanto
ci s’aggrappa è il solo motivo del travaglio.
Da un punto di vista psicologico, con gli atti di autolesionismo, l’individuo mantiene un contatto con la realtà oggettiva del proprio corpo, attraverso l’esperienza fisica del dolore e il desiderio di condividere l’esperienza con un osservatore esterno.
I soggetti isolano un organo, o parti del corpo, come responsabili del dolore su cui viene proiettata la negatività. Rappresentano un modo di darsi un’esistenza: provo dolore quindi esisto. L’idea è quella di un corpo che continua a vivere: si tagliuzza e poi si medica, o si fa medicare, per poterlo di nuovo attaccare.
XXXIII
Avevo comprato un’auto rossa per fuggire
dalla noia del paese, non pensavo mi portasse
così lontano. Con il tubo dello scarico infilato
nel finestrino ho riempito l’abitacolo di gas.
Vado via con un velo di rossetto, agli occhi
un po’ di trucco e una lettera a mio padre
con tre versi di Ungaretti: non sono mai stato
tanto, attaccato alla vita.
Durante un tentativo di suicidio avviene una scissione tra sé corporeo e sé psichico: come rappresentato metaforicamente in questa poesia, che cita il canto XIII dell’inferno di Dante (nel quale l’anima del suicida è imprigionata nell’albero, dove verrà appeso il corpo, dopo il giudizio universale):
II
Non attendere il giudizio universale
per appendere il corpo ad un ramo
perché questo gramo passaggio
terrestre, è come fuoco sugli arbusti
ci consuma piano finché di noi non resta
che un soffio, un grumo di sangue guasto.
Il sé psichico gode della fantasia dell’immortalità, è un mezzo illusorio per restare nella mente di qualcuno.
XXXV
Non ho pensato a mia madre e a mia sorella.
Per la prima volta non ne ho avuto il tempo.
Chissà se sono ancora belle, se ballano ancora
scalze dal salotto alla cucina. Pensavo non ci fosse
via d’uscita dal dolore. Illuso da una finta libertà
mi sono rinchiuso nei loro pensieri, per non uscirne più.
Il tentativo di suicidio si può considerare come un processo, tenendo conto delle relazioni e della loro evoluzione: ha infatti profonde valenze relazionali, perché è una comunicazione sempre rivolta a qualcuno. Attraverso il suicidio si conquista un posto perenne nel complesso gioco dei legami. La morte è sentita come l’unico modo per essere differenziati, mentre in realtà è un modo per negare la separazione perché morire significa restare nel pensiero dei propri cari in modo indelebile.
XLV
Potevo scegliere la finestra del palazzone
in cui stavo in affitto. Invece sono andata
da un’amica e mentre metteva a bollire
l’acqua per il tè ho scavalcato il cornicione.
Ha sempre avuto un ottimo balcone, pieno
di fiori freschi, forse gigli. La vita non mi ha
dato la gioia di allevare figli. Chissà
se qualcosa crescerà dalle crepe dell’asfalto.
Si ricerca una condizione di pace perfetta e di trasformazione attiva di ciò che si dovrà subire passivamente (la morte stessa). L’azione è vista come un sollievo per uscire da una trappola avvertita insolubile.
XV
Pensavo ad un nodo resistente per trascinare
la barca che ho nel collo in un porto migliore.
Dev’essere di corda spessa, di quelle sicure
con le quali legheresti un grosso cane feroce
per non farlo scappare. Certo anche la trave
o il ramo ma che sia d’ulivo, che sono solo
in cerca di pace.
La poetica di Paolo Agrati, attraverso un linguaggio che scorre fluido, narra di relazioni speciali, eterne, che possono sopravvivere alla morte, senza ricorrere al suicidio. I testi sono pronti per essere letti ad alta voce, musicati, recitati, portati fuori: acclamati all’esterno per penetrare nei muri delle case e risalire dalle finestre per raggiungere la comunità, viva, perché la costruzione di legami riguarda tutti gli esseri viventi. Questi versi compiono il percorso inverso a quello delle persone che tentano il suicidio: risalgono e portano la vita. Narrano la morte per dare valore all’esistenza e ricordarci quanto è bella, nelle sue piccole cose (in un respiro, una carezza, un battito).
Salvador Dalì La selva dei suicidi
(ispirato al canto XIII dell’Inferno di Dante)
BIBLIOGRAFIA
- (2020) Tecniche di seduzione animale, Slam Factory.
- Agrati P., (2017) Partiture per un addio, Edicola Ediciones.
- Ladame F., (1987), I tentativi di suicidio degli adolescenti, Borla, Roma.
- Laufer M., (1998), L’adolescente suicida, Borla, Roma.
- Pietropolli Charmet, G., (2000), I nuovi adolescenti. Padri e madri di fronte ad una sfida. Raffaello Cortina Editore, Milano.
BIBLIOGRAFIA DI PARTITURE PER UN ADDIO
- Arminio F., Cartoline dai morti.
- Campana D., Canti Orfici.
- Ducasse I., I Canti di Maldoror.
- Goethe I dolori del Giovane Werther.
- Master E. L., Antologia di Spoon River
- Pozzi A., Poesie.
- Toma S. Canzoniere della morte.
Villas Matas E., Suicidi Esempl
[1] Agrati P., Ignoro il volto di John Zorn.
[2] Hillman J., La teoria della ghianda, in Il codice dell’anima.
[3] Agrati P., XIV.