“Amorevole danata curiosità verso il metallo inutilizzato
accanto ai binari della metropolitana fantasma
un immondezzaio di beatitudine solitaria
tra il liceo classico e il mio terapista
una solitudine beata”
(Matteo di Genova, Verna sessions)
Matteo Di Genova, abruzzese classe ’89, si occupa di poesia orale e poesia con musica. Ha partecipato al poetry slam di Zelig (trasmesso in TV e su Amazon Prime), e si è esibito in apertura a Salmo. Gira l’Italia con i suoi spettacoli: Diossido Di Cromo e Dixit.
Diossido di cromo è uno spettacolo per percussioni e poesia performativa, realizzato col percussionista Marco Crivelli, col quale hanno vinto il premio Alberto Dubito (2017). Nel 2018, inoltre, il Teatro Stabile d’Abruzzo e Spazio Rimediato lo hanno prodotto all’interno della rassegna I Cantieri dell’Immaginario. È stato portato in scena anche nella chiesa di S. Maria in valle Porclaneta (Aq). “Il diossido di cromo è il materiale con cui vengono costruiti i nastri delle audiocassette, uno strumento passato velocemente di moda ma rimasto nelle memorie d’infanzia dei nati tra gli anni ’80 e i primi ’90. Un oggetto legato soprattutto al concetto di “viaggio”, essendo utilizzate principalmente come supporto per le autoradio durante le vacanze, ma legato molto anche al concetto di amicizia e creatività ”.
Per Matteo Di Genova “agendo i suoi versi, abbattendo i fogli di carta, i leggii, le aste microfoniche, i pulpiti e tutte le altre sovrastrutture poste a barriera tra esso e la sua comunità, il poeta si ricolloca oggi nell’ambito dell’oralità di secondo grado e dei nuovi media, riappropriandosi di elementi ad esso finora sottratti: la voce, la scena, il corpo, il ritmo. E da questi quattro elementi naturali nasce l’alchimia ”.
Dixit è uno spettacolo in versi, promosso dall’associazione ZooPalco, come premio per la vittoria della sezione di poesia orale del festival Poverarte 2017 (la prima si è tenuta quell’estate al parco 11 settembre di Bologna).
“L’immagine portante di questo spettacolo (il cui concept grafico si basa proprio sul gioco di parole dixit-exit) è quella di un poeta che racconta freddure ad una porta di sicurezza (ed è stata sviluppata proprio a partire da un’improvvisazione durante una sessione di microfono aperto) ”. Matteo di Genova afferma di “non aver rinunciato ad inserire momenti di freestyle (rap improvvisato) e altri di interazione (corale, liberatoria, divertente e non invadente) col pubblico. Si tratta di uno spettacolo (non reading, non recital) nel quale tutte le componenti della mia biografia artistica – dall’hip-hop al teatro – emergono per sola ed esclusiva necessità, in maniera caotica e magmatica”.
Verna sessions infine è una serie di poesia performativa e poesia con musica di 4 puntate, pensata appositamente per la piattaforma online Howphelia (si può vedere quindi abbonandosi alla piattaforma e con l’abbonamento trimestrale c’è in omaggio il libro, che non può essere inteso separatamente dalla serie).
“Il titolo della serie, e quindi del libro, si riferisce alla varietà abruzzese di genziana proprio per rimandare al concetto di radici e di primavera intesa come eterno ritorno ” ma anche come continua rinascita spirituale.
Il campionato nazionale di poetry slam L.I.P.S. lo ha visto finalista 2017, finalista a squadre 2018 e vincitore di vari tornei (Poetronica / T.L.E. / Reginette), e secondo classificato 2021.
Per il poeta è fondamentale la reazione e l’interazione con il pubblico, perché si tratta di poesia orale, cioè scritta per essere enunciata e rappresentata all’interno di una relazione, in uno specifico contesto.
Relazione è dunque la parola chiave per questo tipo di arte, proprio come per la psicoterapia, e soprattutto per l’ottica sistemico relazionale.
Alcuni pezzi sono stati scritti all’Aquila, mentre Matteo Di Genova frequentava l’aula Allen Ginsberg: laboratorio permanente di poesia dell’Asilo Occupato, e CaseMatte (spazio nato dopo il terremoto nell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio, fondato dal comitato 3e32), dove si è sviluppato il suo gruppo di hiphop e controinformazione Zona Rossa Krew.
Emerge l’importanza di un contesto dove sia possibile evolversi, mutare forma e voce fino a modulare il timbro adatto per ogni singola parola, sillabata a ritmo di musica, per comunicare una storia che scorre fluida nei vicoli dell’Aquila , e non solo, per arrivare a tutti.
SOGNO
Branchi di piccoli intellettuali colorati ballano davanti a muri
di suono pastello giovane giovane con vestiti
che mi dicono cose urbane
da bambini.
E si stancano
e si siedono
e con i crani e con le proprie posizioni sociali! parlano dell’esercito di riserva del Capitale mentre con le gambe parlano di quel Dio! che ancora non gli è sceso
nonostante tutto il materialismo dialettico che si sono fumati
in un secolo e mezzo di carta stagnola appena poco prima dell’ora di pranzo.
Intanto
ad un ritmo frammentato frastagliato con lo scheletro africano,
i muscoli di pianola neurale
della Germania dell’est
e la pelle di futuro
verde chiaro fluorescente
giallo trasparente
e viola elettrico
io
Sogno.
Sogno
branchi di piccoli
intellettuali colorati
che ballano
davanti a muri
di suono pastello
giovane giovane
e non fanno cose
da stronzi borghesi new age
tipo prendersi per mano
non gliene fotte un cazzo di prendersi per mano
loro si stringono tra le mani le parole
e se le massaggiano
oppure ci si infilano le dita o la lingua dentro succhiano l’uno/a i concetti che secerne l’altra/o e l’una/o i concetti che secerne
l’altro/a ma non si vengono solo in bocca
no
hanno tutti i corpi sporchi di significati altrui
di sensi altrui
e mentre uno entra in contraddizione da dietro l’altra contribuisce alla discussione da davanti
e due si riflettono a vicenda
guardando uno che espone tutta la sua teoria in faccia ad un’altra
porca madonna
non si stancano mai
si scambiano continuamente
questi piccoli intellettuali
pervertiti (a questo punto) colorati che in tutta questa ammucchiata organica/concettuale
trovano comunque il tempo di ballare davanti ai muri di suono pastello
giovane giovane.
E poi ci sei tu
che meravigliosamente vibri
e vibri allo stesso ritmo
frammentato frastagliato
con lo scheletro africano,
i muscoli di pianòla neurale
della Germania dell’est
e la pelle di futuro
verde chiaro fluorescente
giallo trasparente
e viola elettrico
al quale vibro io
E la cosa veramente estatica è che mi vibri proprio qua davanti
e guardiamo nella stessa direzione
e ci muoviamo allo stesso ritmo
e io posso cingerti la felpa larga morbida da piccola intellettuale colorata continuando a ballare davanti ai muri di suono pastello giovane giovane
e posso avvicinare il mento alla tua spalla da piccola intellettuale colorata mentre viaggio ballando davanti ai muri di suono pastello giovane giovane
e stavolta non mi vergogno neanche di chiudere gli occhi
no, perché tu mi hai comprato
degli occhiali da sole con la montatura bianca bianca
che oltre a farmi più figo
(perché obiettivamente mi fanno più figo)
nascondono anche il fatto
che i miei occhi stanno già giocando
al gioco di sotto le coperte tra di loro
e non vogliono assolutamente essere disturbati.
Da nessuno.
Nooo…
Perché loro stanno sognando
Contemporaneamente
Sia quello che potremmo essere
che quello che ci dimentichiamo di essere.
Ed è difficilissimo sognare
Contemporaneamente
Quello che potremmo essere
e quello che ci dimentichiamo di essere
soprattutto se si è solo un paio di occhi
che stanno giocando al gioco di sotto le coperte
al riparo di quel paio di occhiali da sole bianchi bianchi
che mi hai comprato tu.
Le parole vengono massaggiate, impastate, spremute e creano un miscuglio magnetico tra le persone, una sostanza che sigilla l’atto di un legame e crea un contagio di significati propri e altrui, da condividere:
guardiamo nella stessa direzione
e ci muoviamo allo stesso ritmo.
Un nuovo senso mistico è utile per superare con umorismo le crisi e le chiusure relazionali:
da un lato ho abbastanza incenso sacro da donare alla divinità e dall’altro tre lattine di birra .
TUTTE LE ARMI
Ha tutte le armi per uscire di casa
Ha tutte le armi per uscire
Ha tutte le armi
Questo archivio di fotogrammi
illuminati
pronto a farsi colorare le caselle coi puntini
ma solo dai lettori più assidui
Ha tutti i diritti di demolirti
di dire
castronerie
di soffocarmi di falso
di farmi scarto
quando
io volevo solo affacciarmi dal ponte e guardare l’orizzonte
come quell’orso martedì scorso
per capire se attiri chiunque respiri
o se noi siamo esenti da questi momenti
ma sto scivolando dai diari di altrove
raccontando ad automi di zone autonome
con filastrocche per bocche al carbone dolce
non scioglierò questa plastica
neanche sillabandoti fiamme in faccia
non scioglierò questa treccia
non scaglierò questa freccia nel plexiglass
non partorirai alterità per mia mano
tantomeno tra omini che mi amano
ancormeno tra omini che tramano dietro di me
la mia sana ingenuità popolare patetica dov’è finita?
è perduta
e per colpa sua
che ha portato la polizia del pensiero nella mia tana
e tela, tanto lei le ha le armi per uscire di casa
mica indossa la mia faccia
mica gioca alla mia vita
mica è tesa tra abiura e ricerca
della sua stessa sana ingenuità popolare patetica
persa per strada di provincia prostrata alla moda maldestra
persa in discoteca sulla appia o cazzo vuoi ne sappia sparita
tra le righe di una arringa giustizialista di un giornalista in prima fila negli anni duemila
e una bottiglia, una pastiglia, una siringa
tra un tanto è tutto uguale e un altro tanto è tutto uguale uguale al primo
tra un idolo disinibito terra terra pane al pane vino al vino
e un altro idolo disinibito terra terra pane al pane vino al vino uguale al primo
e ciò che mi rende nervoso non è il caffè, non sono queste sei del mattino,
non è tutto questo glucosio industriale vomitato con costanza da tutti i muri delle principali città italiane
con i picchi più alti registrati negli infrasettimanali dalle-alle
ma è il fatto che te ne vai
mi lasci in manette
e mai
resteremo insieme
mai
resteremo umani.
Il poeta racconta la solitudine, beata o tormentata, nella quale si contattano le emozioni e la natura sulla pelle nuda, senza mediazioni, senza filtri:
Più probabile per semplice attrazione
verso lo stato di abbandono
o mossi da una tensione spontanea, istintuale
come il cambio di guscio del granchio
mentre io volevo solo affacciarmi dal ponte e guardare l’orizzonte
come quell’orso martedì scorso
e in questo contatto frizzante (e spaventoso) si cresce, si diventa uomini e… umani.
TRACCIATI
Vengo
a fare i resoconti
e le analisi finali
fare tracciati
tra i tralicci e i tram
tra i binari
ruvidi
nel binomio aurora nubi nere
vengo a incenerirmi
vengo a incedere
concludi che non vuoi concludere
e temporeggi
una delle più belle vendette per me
abiti un mostro che incrosta la pelle
e mi racconti il peggio del peggio del peggio della pausa caffè e sembri fare surf su un mississipi di sfere
atterrare sul terrazzo in cui ci troviamo solitamente
che cambia città cambia emergenze
ma si affaccia sempre
su cantieri accanto a grandi eventi
urge un romanticismo fai da te
un kit da campeggio di sentimenti
taccheggiato al GS
un volantino delle assemblee
due volantini di assemblee diverse
No ma vengo vengo vengo tranquilla vengo
vengo a fare i resoconti le analisi finali
a prendere accordi a beccare i raccordi anulari
nel binomio nubi nere alba
a sezionare il nuovo che avanza come una rana
tornare nel mio ramo come una larva
sentirmi inutile avere gli attacchi di panico
ad essere intellettuale senza essere di richiamo
davanti alla raccolta differenziata
essere vetro, essere carta
ma non riuscire ad essere organico
e non si usa una musa per poetare per poi lasciarla morire di febbre! darla per spacciata
spiazzarla
sbarazzarsi di lei
evitare di pensarla sui treni
di darla da respirare ai passeggeri come aria viziata.
L’era in cui eri
l’oro che ero
che piomba in piombo e cinerei cieli senza contegno
davanti a me
è come città grandi:
per carità grande,
ma decadente.
La poesia di Matteo Di Genova attua sul lettore una metamorfosi: si diventa vetro, si diventa carta o plastica.
L’essere d’oro muta in piombo, rappresentando metaforicamente, in un limbo di grigiore, la crescita: il passaggio da un’adolescenza splendente, anche nei suoi timori, a una età adulta senza certezze.
La gioventù ruggisce ribellioni per colmare gli spazi vuoti, con una maglietta slabbrata di Kurt Cobain o dei Pantera.
In un binomio tra l’aurora e le nubi nere, lungo cieli cinerei, si va infatti con il poeta a cercare se stessi e un luogo dove sentirsi al sicuro, con la luce del sole che presto sorgerà e porterà l’alba e la speranza
Questo archivio di fotogrammi
illuminati
pronto a farsi colorare le caselle coi puntini
ma solo dai lettori più assidui.
Ci si sposta sullo sfondo del campo tenda di Collemaggio, del cortile dell’ex Asilo, di sale prove aperte a tutti, tra lattine schiacciate e divinità, verso un movimento che sia globale. Si procede alla scoperta di un ruolo individuale da impersonificare, si va veloci lungo i vicoli desolati, descritti attraverso scalinate e scantinati, in cerca di aperture:
Le sue scalinate sembravano cuciture di un piumone stese sul letto
accanto ad una finestra aperta, appena cambiato
scostando dei rovi sulla valle dell’adolescenza
e mi aprivi lo sguardo, per farvi circolare aria
mentre gli amplificatori espandono una rivoluzione d’ottobre, che porta il fiato d’autunno.
Le muse ispiratrici diventano ninfe punk che custodiscono i movimenti notturni e cantano di “una goffa armata di chiodi e catene” al “caldo di un amaro gran sasso”. Quando il giorno e la notte sono invertiti e la musica è una priorità esistenziale, la natura cruda si apre vorticosamente in profonde vallate e vette:
Volevo non ci fossero padroni né servi
Ma avevo solamente la materia di fronte
Poi a darmi il benvenuto alle pendici del monte
Sei arrivata tu con il bramito di cervi .
Facendo i resoconti e le analisi finali, con Matteo Di Genova la poesia spazia tra vette e valli e fa il suo giro tra scalinate e scantinati “mentre un fiore cerca luce tra i sampietrini”.
Attraverso la poesia è possibile estendere i propri confini e decadere, come le città, ma si può anche rinascere, grazie ai sentimenti e alla collettività:
cambia città cambia emergenze
ma si affaccia sempre
su cantieri accanto a grandi eventi
urge un romanticismo fai da te
un kit da campeggio di sentimenti
Un coro di voci poetiche accompagnate da musica, anima, rianima e percuote le città fantasma per farne uscire un suono comune (finalmente scoperto) e dare voce alle torri diroccate e alla storia dell’Abruzzo:
“È la ruggine che tiene insieme queste lamiere
È come se piovesse
Acquavite ”.