“È sangue rappreso zafferano la poesia
per cui abbiamo contrazioni non dura nove
mesi: è pietra passata di figlio in figlio argina
quel maremoto che frantuma gli occhi
quella trebbiatrice sotto l’addome”.
(Bulfaro D., OssaCarne).
Dome Bulfaro(1971) è un poeta e performer, tra i più attivi nello sviluppo della poesia performativa e della Poesiaterapia in Italia.
Insegna e teorizza il Teatropoesia e insegna al Centro Professione Musica di Milano (Master di Songwriting). Dal 2021, insegna anche Poesiaterapia e Poesia da alta voce (Master di Biblioterapia) c/o l’Università di Verona.
Su invito degli Istituti Italiani di Cultura ha rappresentato la poesia italiana in Scozia (2009), Australia (2012), Brasile (2014), Argentina (2020/2021) e Germania (2022). Ha ideato e cofondato la LIPS (Lega italiana Poetry Slam) e ha raccontato il movimento slam, internazionale e italiano, nel libro Guida liquida al poetry slam (2016).
Ha fondato e dirige con Simona Cesana, PoesiaPresente LAB, prima scuola italiana di poesia performativa, poesiaterapia e scrittura poetica, e la rivista Poetry Therapy Italia. È membro e cofondatore di Mille Gru (2006), gruppo di ricerca e casa editrice di poesia, e di Wow – Incendi Spontanei (2018), collettivo di poesia performativa.
È incluso nella prestigiosa antologia Tempo: Excursions in 21st Century Italian Poetry (2022) a cura di Luca Paci, tradotto da Cristina Viti.
Ossa è stato scritto nel 1997 e pubblicato nel 2001. Carne è stato scritto tra il 1998-2006 è uscito in varie pubblicazioni, tra cui la più importante con la D’IF nel 2006.
OssaCarne è uscito completo anche di traduzione in inglese e CD bilingue nel 2012.
“In tempi e luoghi solo supponibili si trova uno scheletro antropomorfo
completo d’ogni segmento osseo. Ogni segmento proviene da un
diverso corpo umano, variando così dagli altri nelle proporzioni e nella
forma, per età e sesso. Ogni segmento, inoltre, riporta i versi incisi in
vita dal proprietario dell’osso”
L’incipit del libro evoca la metafora archeologica, usata da Freud per descrivere la formazione della teoria dell’inconscio. Fa riflettere su un lavoro di scavo, di disseppellimento dei resti e dei ricordi: un disvelamento, strato dopo strato, via via che viene rimossa la superficie. Si parte dal presupposto psicologico che bisogna scoprire l’Io e tutto si risolverà (Fromm E., Suzuki D., De Martino R. 1968).
In questo caso, i reperti che vengono fuori hanno delle specificità: lo scheletro è antropomorfo ma composto da segmenti che derivano da corpi diversi e variano nelle proporzioni, nell’età e nel sesso. Non sono reliquie del passato ma del presente e vanno verso il futuro, tramite un contatto diretto tra le generazioni, nelle varie ere.
Questo è l’orientamento da seguire all’interno del libro: quello della particolarità.
Scavando troviamo le ossa: testimonianza dell’essenza della persona.
Su ogni frammento vi è incisa la Poesia che rappresenta la storia della propria vita, fatta carme poetico, simbolicamente memorizzata da un arto e trascritta nel libro.
La porta di ingresso alla tomba è in analogia con la prima pagina, da varcare alla ricerca di noi stessi e degli altri.
Nell’introduzione sono condensate le tematiche principali sviluppate nell’opera.
Lo scrittore ci indica subito l’importanza della Fraternità: siamo tutti esseri umani e componiamo un unico reperto molto speciale, perché raccoglie ogni differenza e costituisce una nuova entità: siamo composti dagli altri.
Il messaggio è relazionale e indica che siamo predisposti alla socialità e che la possibilità di scambio e di crescita sono insite nell’incontro.
Ciò che è proprio dell’essere umano, inoltre, e che ne è un segno di distinzione e una risorsa, è la capacità di rimediare, ricucire e recuperare gli errori: lo scheletro infatti carnifica, ritorna in carne.
I temi della morte e della sepoltura si uniscono a quelli della vita e della rinascita fisica e spirituale, che ci accompagnano nella lettura, appesi e collegati dalla fune terrestre e celeste.
I poli distruzione/ricostruzione, disfacimento/rigenerazione, tramontare/rinnovarsi si sviluppano fin dalle origini dell’uomo e trasmettono valori validi per chiunque: così narrano e cantano in me le ossa di tutti gli uomini, come in lei le stelle di tutte le donne.
Gli argomenti sviluppati non seguono la linea del tempo né l’identità del genere, ma avvengono salti temporali su coordinate del tutto personali (si cambia sesso e generazione).
Il libro è diviso in due parti, è composto da Ossa, in quanto ha una struttura ossea, stabile e portante, che lo fa stare in piedi, in equilibrio. Evoca l’essenzialità della morte ma allo stesso tempo è come la Carne, vigoroso, potente, intimo: appassiona il lettore e riattiva la circolazione. Celebra la vita e la rinascita della collettività, con il suo succo e polpa: disvela aspetti individuali, che lanciano con ardore un messaggio universale sull’amore che non muore.
Lo stile poetico segue l’evoluzione del testo: in Ossa è sibillino, ermetico, pietroso e conciso:sottocute per una scrittura ago e filo.
In Carne il ritmo cambia, è immediato, fruibile e passionale, grazie agli elementi nutrizionali e al flusso del sangue che travolge emotivamente.
La scrittura si integra per produrre il libro completo OssaCarne, che interrompe i canoni tradizionali e altera il corso temporale degli anni.
La punteggiatura è autonoma dalle regole della sintassi; il lessico è da decifrare come fosse un geroglifico, un codice antico da scoprire e gustare, parola per parola.
La struttura è complessa e curata, nessun dettaglio è lasciato al caso, anche la numerazione dei reperti segue una specifica simbologia: raddoppia per multipli di 8, che rappresenta l’equilibrio cosmico e l’infinito.
Il numero 8 è correlato all’amore e all’energia illimitati, alla fecondità e alla prosperità, espressi dalla creatività poetica, sconfinata ed eterna. Simboleggia anche la Giustizia, rappresentata da una bilancia con due piatti, che si eleva oltre ciò che è terreno. Indica l’incognito, che segue alla perfezione simboleggiata dal 7 e incita alla scoperta della trascendenza. È formato dall’energia femminile e rappresenta la morte, in termini di transizione.
La rappresentazione del numero 8 si palesa anche nell’archeologia sacra e nella dottrina cristiana, l’ottavo giorno significa la trasfigurazione e il Nuovo Testamento. Dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo simboleggia la resurrezione del Cristo e dell’uomo stesso, annunciando quindi l’eternità.
Attraverso la poesia si cuce e ricuce, si rimarginano le ferite con il balsamo lenitivo delle parole e si immortalano la condivisione e la continuità col futuro.
Dome Bulfaro crea la mappatura geografica di un moderno modello stilistico, fonda la grammatica di un linguaggio senza preconcetti, che oltrepassa la frontiera del genere, del tempo e ogni diversità.
L’autore unisce il sentire al pensare, in un’ottica psicoterapeutica che evoca il ciclo del contatto e congiunge l’analogico al digitale[1].
La conoscenza intellettuale può condurre a mutamenti solo nella misura in cui sia anche conoscenza affettiva (Fromm E., Suzuki D., De Martino R. 1968), cioè legata all’esperienza. Tramite il dialogo poetico, si può crescere esploratori.
Le parti del corpo e dello scheletro diventano elementi naturali da esperire, tatuati, mimetizzati: si rispecchiano nell’universo, e viceversa. La corrispondenza è reciproca, scambievole e necessaria per contattare i disagi e districare i propri nodi.
Frangetta endecasillaba di Ofelia. reperto n° 6
Trovati a fiumi in bocca tra le nuvole
le nostre acconciature si riallineano
perché le pizzicate delle mie unghie
fanno dei tuoi capelli corde d’arpa
perché pettinate tessono il tempo
che raggomitola come noi in noi
perché t’accorgi che con la lunghezza
non finisce il movimento del pettine
perché sciogli la treccia dell’insieme
in mille filiformi composizioni
e perché altri ne peschi nella pioggia
che ci indietreggia coi suoi sputi angelici
nel mare di capigliature mosse
laddove la scontrosità dei nodi
ci misura il carattere la forza
d’imparare nei nostri stessi abissi
a nuotare evitare che un groviglio
castri le muscolature lasciare
che la luce balsamica rilasci
inconscia quiete volumi a rilento
capellute mante di noi tra pesci
fino a che libera di darmi un taglio
dal nulla a fiori rispunto, e qua, e là.
Gli aspetti primitivi, terrestri, sono mitigati da quelli del cosmo, celesti, e viceversa:
Cranio e faccia di Rudolf e Consorte. reperto n° 7
Siamo ventenni da millenni, di luce
eppure soggetti alle stagioni ai cicli
del sensibile che per voi va all’eterno.
Le stelle che ci ritraggono d’argento
sono le comete in fuga che addentiamo
e ci dilatano cranio e faccia in spazi
perfettamente ovali come uova ed uva
lustre in cui per esprimere desideri
ci riflettiamo e nutriamo senza tregua.
Con la scrittura si scava dentro di sé, fino a toccare i propri organi interni, per trovare un’uscita diversa, cioè una via d’uscita differente rispetto alle situazioni problematiche di ogni giorno. Si cerca di reperire le parti seppellite, anno dopo anno, da qualche parte.
Falangi incrociate. reperto n° 1
Di quel sogno degli amanti; noi siamo; spicchio
le dita incrociate abbiamo; quale dorsale; spina
di vita non dissipata; pelle d’elefante; zanna
come ruspa ci scaviamo; dentro più dentro; l’unghia
ci archeologizza nel dito; trancia il vuoto
Il rito della sepoltura ha un doppio significato: è un rituale di accompagnamento alla morte e di accettazione della trasformazione, ma riguarda anche la sepoltura in vita, ciò che non vogliamo contattare e tendiamo a rimuovere, a tenere sepolto.
Metacarpo. reperto n° 2
Sottocute per una scrittura ago e filo forbici e bisturi scavo
e profano la bimba secolare che celi sepolta in te a te e alla psicanalista
che con maieutica collaudata infila le dita giù nelle viscere mobili della vita
interna estrae la testa su per il cavo orale che come posseduto contrai in una lingua
epilettica franante che ti rigetta sempre all’indietro nell’intestino
Gli organi interni, le tracce organiche e le parti dello scheletro sono i nuovi protagonisti del testo letterario.
Costato. reperto n° 10
Scardina il fianco scoperchia me spurio
sarcofago oratorio di sette strati
tegumentali essiccati per ospitare
te mia Nefertiti che nei respiri hai i tesori
estirpa me e aspira il respiratorio poi l’endocrino
nervoso digerente circolatorio l’escretore
dissolvi me il riproduttore di ritratti a me somiglianti
disossami il locomotore d’avorio ora che ancora viva
t’inglobi intera ti scuoi e colleghi ai miei canoni gli impianti
cinti come voglio in vita vivere coi tuoi apparati
quando non di coste o stracci ci bendiamo
ma d’abbracci presentiti immortali
In una liquefazione relazionale la coppia garantisce una struttura individuale.
Nel binomio fusione/separazione avviene uno scambio di organi, un calco di cera che plasma legami e legamenti.
Cintura scapolare. reperto n° 5
In acerbità fai surf sulla clavicola t’illudi di cavalcare un’onda
pietrosa non spuma d’un corpo oceanico navigato da due vele custodi
di civiltà passeggere, spiumate e avvolte in lembi di vento, tutte fuorché
te complice che sei tonsilla finché l’intesa ci telepatizza
Ci si fonde schiena contro schiena, mento contro mento, denti contro denti… e ci si distacca, trasformati: qualcosa dell’altro resta dentro di noi.
Il confine del corpo indica la separazione, al limite tra omicidio e suicidio.
Ginocchia senza più legamenti. reperto n° 13
Adesso s’incarna in Trasimeno dal suo femore ricava un remo, dalla
rotula un sasso che mi segnala quel suo desiderio
dalla tibia un flauto che ci permette telecomunicazione
dal suo perone l’ancora che come lancia mi spacca il cuore
L’unione e la divisione comportano un cambiamento, tramandato e offerto al futuro.
Il legamento è la metafora del legame e della fratellanza.
Incrocio del polso. contatto n° 3
So che un fratello può estendersi su me o riflettere
mediare fra noi come il legamento di radio e ulna
al punto che l’inciso nei palmi può rimarginare
ribaltarsi da supino a pugno riscoprire come
il taglio lama dei nostri polsi non porta alla fine
ma ci annega nel lavacro dello stesso barlume.
L’argilla scolpita può dare sembianza alla coppia e crea un popolo, come nelle antiche leggende. Indica la resilienza e produce l’umanità tornio per vasi sanguigni:
sei creta a mia insaputa
con me ti formi sui torni
sentiamo attratti i caldi piedi di moneta e calamita a nostra insaputa prima
noi figure nere inceramicate poi avvicinate all’aurora
Per il poeta si passa da una sembianza ad un’altra, per esprimere come sono:
Sulle punte quasi stessi rincasando
tardi, danzo a un soffio da cielo e terra
per non esistere almeno una frazione
in forma di uomo o donna ma come sono.
Il processo terapeutico consiste nell’aiutare il paziente a sviluppare il suo Io sono (Whitaker C., 1990), proprio come attraverso la poesia Dome Bulfaro: si evolve diventando uomo e donna, anziano, bambino o adolescente:
Ultimo profilo adolescente. contatto n° 8
Se osservi il nostro bacio di lato non siamo più disegni opposti
il mio profilo è una linea che rinasce e continua nel tuo
il bacio è la chiave e lo spiraglio di ogni nostra serratura.
I binomi giovinezza/vecchiaia e maschile/femminile non stanno in opposizione ma sono dilatati su un continuum evolutivo, composto da aperture.
Rami e vene appaiono in similitudine e solcano le pagine, il sangue circola sui testi e fuoriesce, fluiscono le lacrime paterne (che non escono, come il sorriso) e il latte materno. Le lacrime sono pietre, diventano fossili perché hanno perso le parole, e vanno verso un diverso concetto di paternità, che rompe i vincoli di sangue per abbracciare tutto l’universo: uno è uomo semmai solo se è tango guancia a guancia coi morti, se vivi e morti son tutti padri suoi.
Il latte, il nutrimento femminile, si completa con il pane che l’uomo dona alla propria compagna, come offerta d’amore.
Gli elementi paterno e materno affiorano nella carne, come creta che prende vita:
quanto una madre spiri di crepacuore per qualunque figlio
quanto essere madre sia condanna madida d’eterno.
Il dettaglio del momento del parto è inteso metaforicamente come rappresentante esclusivo e simultaneo di vita e morte. La fuoriuscita di sangue crea una nuova esistenza, ma può distruggere la precedente o almeno trasformarla completamente: la vita precedente non c’è più. Il corpo si sfalda e ricostituisce e il poeta vive al parto della prossima morte. Parto si riferisce al partorire, ovvero al momento del generare, creare e fondare (ad esempio, una scuola, una rivista) e al partire, cioè alla separazione, al distacco e al viaggio inteso come avventura personale, che va affrontata da soli.
In Carne è centrale l’ascolto del corpo, la percezione della muscolatura e del proprio ruolo sociale. Il poeta e lo psicoterapeuta si sintonizzano su ciò che sentono nel qui e ora e su come varia la sensazione:
Gemelli del polpaccio. contatto n° 26
Nelle carni ho corpi contro corpi che premono come crampi
contratture mai riassorbite completamente: ruoli assunti:
non più nome, non un cognome che volontà o buoi porti,
fossimo sguardo che ci guarda silenzio che si parla.
Ogni contrattura è una memoria: una storia contratta che il poeta ha vissuto, rivela e risolve. Oltre all’aspetto meccanico della ricezione, viene espresso lo svelamento psicologico. La decontrattura equivale alla cura di parti disarmoniche di sé e garantisce il valore terapeutico alla poesia che, con Dome Bulfaro, diventa Poesiaterapia.
Il ruolo del Poetaterapeuta è quello di dare voce al corpo e corpo alla parola. Si parte da un punto fisico, che comunica qualcosa: lo scrittore traduce i ricordi immagazzinati in un organo, interpreta ciò che esprimono attraverso il sintomo e guarisce gli eventi traumatici memorizzati. Il poeta codifica l’alfabeto del corpo e dell’anima e crea il linguaggio poetico del corpo: costituisce una nuova forma di linguaggio terapeutico. È un lavoro di trascrittura dei propri stati interiori e di pacificazione delle polarità contrastanti, che non ci si ferma all’individuo (illusione dermica, Bateson G., 1972[1]) ma si relaziona con gli altri. L’autore abbraccia l’attualità e gli antenati, che ancora oggi agiscono a livello transgenerazionale, tramandando lacrime o sorrisi: con gli avi si può comunicare. Le acquisizioni di un modello dall’ambiente familiare e l’eredità avvengono per empatia (mettendosi nei panni degli altri) e per metamorfosi, sovvertono i caratteri della genetica e mostrano, come fenotipo, la carne poetica. Si passa da carme poetico a carne poetica perché la poesia è insita nella carne di ciascuno di noi, va solo svelata. Il poeta evidenzia la natura poetica del corpo stesso: “siamo costruiti in modo tale da poter essere tutti artisti della vita. Un artista creatore di vita non ha bisogno di uscire da se stesso. Egli ha già con sé fin dalla nascita, il corpo fisico che è la materia corrispondente alla tela del pittore, alla pietra o all’argilla dello scultore” (Fromm E., Suzuki D., De Martino R. 1968).
Il benessere psicologico riguarda l’essere pienamente nati: diventare in atto quel che si è in potenza[2]. Niente che valga la pena di essere appreso può essere insegnato, deve essere esperito (Whitaker C.).
La poesia e la psicologia diventano qualcosa che si può toccare, tastare, plasmare tramite l’esperienza (di sé, del proprio corpo, delle relazioni). Le parole diventano sculture, associando la leggerezza del foglio alla densità della materia tangibile.
In psicologia, la tecnica della scultura (Caillé 2015, Onnis 2017) è utilizzata per rappresentare la relazione di una coppia (o di una famiglia) nello spazio e nel tempo, per dare voce al corpo e alle emozioni percepite[3].
Il processo terapeutico consiste nel ridare il potere al paziente, nel restituirgli quel potere che gli appartiene e che in qualche modo ha gettato alle ortiche. È restituirgli il potere di essere creativo a dispetto del suo dolore e della sua impotenza (Whitaker C., 1990).
L’atto poetico nasce dall’ascolto di se stessi, nel contesto familiare e sociale:
ascolto il polso con l’orecchio
e trascrivo sulla carta ciò che ogni rivolo mi detta
passo ore annodando asole nel vuoto.
I versi trasformano una prigionia in una catarsi: ci si può rigenerare e rinascere.
Il poeta insegna a modulare, alta, la voce, per cambiare l’ambiente intorno a noi
Prova dell’avambraccio. contatto n° 4
A qualsiasi ora sveglio la folla disegno
muto la grata in versi a cui confesso uscite
dono la voce al nostro angelo seppellito
a chi vola esiliato
e per cantare…
Tallone del capogiro. contatto n° 25
Cantare
questo è il solo sangue che il poeta può donare
consonante dopo vocale, dissanguarsi nel tovagliolo
del bar scrivere – le poesie sono di chi se le beve –
le poesie t’affacciano nel precipizio della pulsazione
per questo canto perché nella gola nessuno del coro
mai s’estingua perché quando canto m’illudo d’incarnare
l’unica lingua canto perché io non danzi con un moribondo
tuono, canto perché quando canto solo canto sono.
Le poesie sono di chi se le beve idratano, alimentano e portano il canto, che salva dal decadimento.
Sindone vivente. contatto n° 32
se il nostro bacio è l’elica di ogni fuoco,
siamo fiamma che ripara tra due dita d’enigma
Cristi privi di scopo, l’infinito punto a capo
nel bregma, quel vuoto ignoto prima di essere dopo
Il tema della Sindone racchiude ciò che resta impresso nella stoffa (come i versi incisi nelle ossa): i sacrifici degli avi e la storia della famiglia d’origine.
La morte non è una fine ma un passaggio, reso immortale dall’amore e dalla poesia, che rendono la nostra traccia eterna e la rivolgono al futuro, insieme alle memorie che non vengono dimenticate prima di essere dopo.
[1] Bateson G., 1972, Verso un’ecologia della mente.
[2] Fromm E., Suzuki D., De Martino R., 1968.
[3] Bruni F., 2021, La polifonia della coppia, in Home sweet home.
[1] Molino P., Bernardi E., Psicoterapia della Gestalt. Principi generali e applicationi in Home sweet home.