“Dici mi ricordo
sì, io mi ricordo,
e vuoi che qualcuno
ascolti
la tua voce emozionata”
(Giuseppe Ruggiero)
Giuseppe Ruggiero è nato a Napoli, città sospesa tra il vulcano e il mare, tra miti e leggende. Medico specialista in psichiatra per vocazione, ha seguito la strada che gli ha insegnato a coltivare i linguaggi della creatività e del pensiero divergente.
Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale, con il tempo ha perfezionato lo stile e il metodo clinico, elaborando una teoria innovativa della natura musicale della mente. Scrive componimenti e racconta in versi l’esperienza dell’incontro clinico, che restituisce valore al dramma della sofferenza, nel significato più alto della cura e della sua azione terapeutica sulla psiche individuale e relazionale.
I libri da lui curati: Il ritmo della mente. La musica tra scienza cognitiva e psicoterapia (2015) e Il pentagramma relazionale. Le forme vitali nella psicoterapia familiare e di coppia (2017) hanno contribuito alla divulgazione di svariati articoli sulla natura musicale della psicoterapia, pubblicati su diverse riviste italiane.
Giuseppe Ruggiero dirige l’Istituto di Medicina e Psicologia Sistemica di Napoli (IMePS), dove svolge attività didattica, clinica e di ricerca.
Dal 2017 segue le attività didattiche e di supervisione clinica presso l’Istituto di Terapia Familiare di Reggio Calabria e Messina (ITF Rc-Me). È docente a contratto presso l’Ateneo Federiciano di Napoli e l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Insieme a Rodolfo de Bernart e ad altri colleghi appartenenti a scuole sistemiche, ha partecipato alla fondazione dell’Associazione degli Istituti di Terapia Familiare (AITF). Le esperienze formative e cliniche del suo lavoro sono condivise con esponenti di altri modelli teorici e con i membri della Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP), dove attualmente ricopre la carica di Past President. La poesia di Giuseppe Ruggiero scorre soave come una melodia, è costellata da rime e scandisce un ritmo sonoro. La punteggiatura è essenziale, esce dal foglio, prende vita e si dissolve nello spazio. Le parole diventano note, si innalzano, lucide, in una costellazione musicale e ci incoraggiano a… confidarsi.
Confidarsi: che bella parola è questa!
Racconta del darsi con fiducia
dell’affidarsi a qualcuno
a uno sguardo aperto
a un cuore disponibile
a uno spazio mentale dedicato
Ti confido un segreto
una parte della mia storia
che non ho mai detto a nessuno
Ti scelgo come vaso pregiato
dove sistemare i fiori del mio presente
tu mettici acqua e cura
pazienza e silenzio
nella giusta misura
Perché ho scelto proprio te?
Perché tu hai accolto la mia confidenza?
Più che parole servono sussurri
le cose importanti
si dicono a bassa voce
scegliendo il tono
il ritmo
la durata
Qualcosa rimane sempre segreta
ognuno ha bisogno di essere cercato
ma anche di nascondersi
e non essere trovato
Ti dico tutto di me
assume che io sappia già tutto di me
Invece ti chiedo: aiutami a svelarmi
attraverso di te
un po’ alla volta
sorprendimi
disorientami
fammi meravigliare
Ho bisogno di vedermi con i tuoi occhi
lasciami solo il mio nascondiglio
così che possa portarti con me
per ricordarmi
di come tu mi guardasti
dicendomi: ecco
ti ho visto
perciò adesso
ti riconsegno a te.
Giuseppe Ruggiero sviluppa il tema della natura musicale della psicoterapia e rilegge il processo terapeutico in termini di dinamica ritmico-musicale.
Sul pentagramma relazionale (Ruggiero R., 2017) è possibile collocare, come note di una partitura in evoluzione, l’andamento ritmico di un incontro e trasformare un conflitto in forme vitali più armoniche. La costruzione di un’alleanza terapeutica assomiglia alla dialettica tra esecuzione ed improvvisazione di un’opera musicale (Ruggiero G., 2022).
“Il terapeuta interpreta un ruolo simile a quello di un direttore d’orchestra” (Whitaker, 1990), si deve confrontare con problemi politici, sapendo che nessuno ha effettivamente interesse a svelare quello che sta realmente accadendo in famiglia. “Non esiste un unico sintomo familiare e non esiste una cosa chiamata presentazione sincera del problema… bisogna cominciare tentando di scoprire qualcosa di più di quello che sta effettivamente succedendo” (Whitaker, 1990). La terapia familiare diventa una sorta di jam session, un ambiente sonoro, al centro del quale possiamo collocare la presenza corporea del terapeuta e degli altri membri del sistema (Ruggiero G., 2022).
Gli effetti terapeutici della musica in ambito neurobiologico si integrano con una nuova prospettiva in cui la relazione terapeutica si compone, scompone e ricompone come solo una mente musicale sa fare, lasciando spazio alle espressioni individuali e al gruppo (Ruggiero G., 2022).
Come utilizzare e far entrare la musica in terapia? Giuseppe Ruggiero lo ha esposto e fatto sperimentare nel seminario del 17 settembre, tenuto per l’Istituto di Alta Formazione di Firenze, parlando della natura musicale della psicoterapia e dell’importanza di coltivare uno sguardo estetico nella clinica individuale, di coppia, e familiare. Lo spazio della formazione diventa per il terapeuta un vero e proprio laboratorio artigianale, dove poter entrare in contatto con la natura sonora degli scambi interpersonali (il costrutto di interplay, proposto da diversi musicisti jazz) e sviluppare una maggiore sensibilità nell’uso dei linguaggi impliciti, favorendo i processi di sintonizzazione e rispecchiamento all’interno del campo intersoggettivo. Tali tematiche sono al centro della sua prossima pubblicazione per le Edizioni Alpes.
Il processo terapeutico corrisponde alla composizione di uno spartito, nel quale i dialoghi sono polifonie e i solfeggi coincidono con le restituzioni terapeutiche.
Il terapeuta traduce gli stati emotivi interni:
Il terapeuta è un traduttore
Traduce le parole
in versi
la lingua del passato
in un piccolo haiku
del presente
per dire
qui
adesso
si accende una luce
allunga lo sguardo tra i sassi
ma stai nei tuoi passi
Tradurre
Tradire
non c’è una sola versione del mondo
ogni origine ha sulla schiena la fronte
e cosa raccontano le stelle
se non questo brillare instancabile
oltre il giorno e la notte?
Il terapeuta traduce il suono cupo
del dolore
e ora è qui che aspetta come un bambino
Stretta la foglia larga la via
Quale sarà la prossima poesia?
I testi di Giuseppe Ruggiero narrano il disagio relazionale e civile legato alla società, a questo mondo disamorato, infiammato, incapace di andare oltre la proprietà del proprio giardino, ma anche il desiderio di raccontarsi all’altro e di inoltrarsi in un percorso, alla ricerca di un senso verso il quale orientarsi ed evolversi.
Sono testi universali, che durano nel tempo, perché parlano dell’essere umano, nelle sue contraddizioni e conflitti, e delle malattie, che ci riguardano tutti. Forma e contenuto procedono di pari passo. La forma è curata esteticamente, i versi sono accompagnati da immagini, che subito fanno bene allo sguardo e al cuore: agiscono a livello emotivo. Il contenuto è di una consistenza esistenziale impressionante ed evidenzia la relazione di cura come perno focale e modello di crescita e autonomia.
Secondo Giuseppe Ruggiero (2020) è necessario recuperare il significato della natura estetica delle relazioni umane, in particolare della relazione terapeutica.
Nell’esperienza clinica diventa sempre più importante occuparsi non solo del che cosa e del perché ma anche del come: come si sta nel dolore, nel silenzio, come si sostiene l’intensità di un conflitto familiare, come si gioca con i bambini… come si utilizzano in maniera creativa strumenti, tecniche e risorse nel setting (Ruggiero G., 2020). “Inserire, inoltre, di tanto in tanto qualche nota dissonante, un gesto, una battuta ironica, un tocco leggero, può essere utile per far pervenire al paziente e agli altri membri della famiglia il proprio interesse autentico, la propria genuina curiosità” (Ruggiero G., 2022). Sviluppare una mente estetica significa costruire un modo di stare in relazione centrato sulla sensibilità e l’intuizione, sulla leggerezza e l’immaginazione, un modo di attraversare il dolore e trasformarlo in bellezza (Ruggiero G., 2020) e…
in poesia:
Come se poi ad infiammarsi
siano solo le viscere
e il cervello
Si ignora il fatto che gli stessi processi
che avvengono nei tessuti e nelle cellule
si mettono in moto anche nei legami
nel vocabolario degli sguardi
nella rigidità delle memorie
nella reattività del terreno
dove sono stati piantati i semi
di generazione in generazione
L’infiammazione cronica del tempo
conduce alla disperazione
-Chissà la mente
chi lo sa
il cuore della madre
in quale anfratto misterioso
abbia rinchiuso l’anima
chissà se non vi sia corrispondenza
tra chi era vicino
e chi invece sembrava più lontano-
L’infiammazione della parola
del gesto
dell’amore
Esistono tensioni che corrodono
le mammelle
e spengono le voci
aggressioni silenziose
che scavano caverne sui divani
dopo cena
e stancano le notti
e poi certi mattini
che sembrano foglie sospese
raggelate tra radici e rami
Si possono infiammare
le luci degli occhi
i sentimenti
e le parole sepolte nelle gole
Che altro è la pazzia
se non questo stare in un mondo
che non ti vuole bene
non ti accudisce
e non ti insegna a prenderti cura
un mondo distratto
dai bagliori del superfluo
indifferente alle corrispondenze
chiuso per sempre
nelle sue gelide stanze?
È questo mondo malato
che bisogna curare
questo mondo disamorato infiammato
incapace di andare oltre
la proprietà del proprio giardino
questo giardino artificiale
dove non può fiorire
nemmeno un girasole
tanta è la distanza che si è creata
tra la terra e il cielo.
Terra e cielo, corpo e mente, forma e contenuto: poli centrali indissolubili nel processo terapeutico e poetico: esistono tensioni che corrodono le mammelle. Il terapeuta è un traduttore del sintomo, interpreta il malessere psicologico del corpo che si ammala, esprime a livello verbale i bisogni celati e gli stati d’animo scaricati e spostati sull’organo vulnerabile. Modelli relazionali disfunzionali e attacchi a parti di sé non accettate possono avere un ruolo rilevante nel processo di malattia e guarigione e tramandarsi nelle generazioni, se non vengono rielaborati e codificati emotivamente. “Nel trattamento di disturbi psicosomatici è stato da tempo compreso quanto una terapia che usi come strumento il corpo e l’immagine del corpo o della relazione (familiare o di coppia) possa essere più efficace di una terapia che usi il linguaggio verbale (de Bernart, 2016). È utile lavorare, ad esempio, utilizzando la tecnica della scultura (Caillé 2015, Onnis 2017) per rappresentare la relazione di una coppia (o di una famiglia) nello spazio e nel tempo, e soprattutto per dare voce al corpo e alle emozioni percepite. Ruggiero (2022) propone un passaggio importante verso una scultura sonora dei legami familiari, integrando la componente musicale nella seduta.
“Sono convinto, infatti, che questa strada di congiunzione tra scienza ed arte, tra musica e psicoterapia, possa diventare un terreno fertile per la ricerca clinica” (Ruggiero G., 2022), anche perché…
Non siamo macchine da aggiustare
guasti da riparare
chimiche da manipolare
Le nostre imperfezioni
gli arresti domiciliari dell’anima
certi pensieri che sembrano nei
della mente
e in un attimo diventano melanomi
le malattie segrete degli dèi
le debolezze degli eroi
le irregolarità del cielo intestinale
le psoriasi che ricamano la pelle
e riflettono l’indifferenza delle stelle
gli scioglimenti dei cuori ghiacciati
lo straripare dei fiumi di parole
le molecole stanche
di portare in giro informazioni
che non fanno più la differenza
tra un battito di ciglia
e una mutazione di destino
le varianti accidentali
le geometrie dei canti
le vele di parole trascinate
dai tiepidi venti
della torrida estate
le crudeltà nascoste
dietro le facciate
e infine
le piante
che non si stancano di respirare
di impartire lezioni
nelle buone
e nelle cattive stagioni
di amare il mondo intero
come se fossero due polmoni e un solo desiderio d’aria
le piante hanno già vinto le elezioni
candidate al ministero della foglia
alla festa della luce
che sceglie
la sua fragilità
per trasformare l’impuro
metallo della vita
in oro
Sono questi i misteri
da contemplare
in una domenica di sole
metterli in una pentola
e mescolare.
Giuseppe Ruggiero produce e fa sperimentare al lettore la meraviglia, nel significato etimologico di cose ammirevoli, dal latino mirabilia che deriva da mirari: guardare con meraviglia. Il termine è inteso come la capacità di sorprendersi, di coinvolgersi, di appassionarsi ed essere affettivamente presenti in ciò che viviamo.
La meraviglia è un antidoto contro i mali, che ci rende consapevoli della propria natura:
Si è medico per sempre
nell’inclinare il torace
e porgere l’orecchio
sul bordo del letto
sullo sguardo dolente
sul rimpianto del tempo che è passato
senza accorgersi di niente
Non si è medico del corpo
o della mente
Si è medico dell’anima
sempre
nel luogo dell’origine
e in quello della fine
Si curano i pensieri che macchiano la pelle
come fossero nei
cartografie poetiche
passaggi rapidi
e pause sconfinate
i sorrisi ammutoliti dei vecchi
che sanno di morire
e poi i travagli delle madri
nei pomeriggi interminabili
di certe domeniche di estate
componi il numero senti squillare ma nessuno che risponde
mai
-Si muore sempre di mattina presto
prima che faccia giorno nei giorni di festa-
Medico fui
e tale rimango
ho un codice segreto
impresso sulle dita
e tasto suono accarezzo
scorro
come un fiume benefico
tra le sponde del male
Ti benedico medico
non fare opposizione alla chiamata
dei ciliegi feriti
metti ali di seta
alle mandibole cascate giù
per il peso di parole inutili
e dure come pietre
non darti pena se adesso
ti tremano le mani
e le palpebre
come quando non potesti salvargli la vita
che ancora te lo porti dentro
-medico
da solo-
quel soffrire crudele
lo tieni stretto al cuore
come uno stetoscopio
Ricordi la prima volta, che emozione?
Ne avevi uno rosso al collo
non era orgoglio no
era passione.
Per concludere, in questo meraviglioso testo Giuseppe Ruggiero spiega ciò che è fondamentale in questo mestiere e come abbracciare e sviluppare la psicologia:
Chi pensa che la psicologia stia nei testi di studio, nelle teorie, nei protocolli, nei modelli, evidentemente cade in errore.
Certamente c’è una base scientifica, che deve essere approfondita, bisogna leggere le storie di grandi pensatori e clinici che hanno cercato di ampliare la visione dell’umano, di costruire mappe per perlustrare la geografia del dolore mentale, le sue radici biologiche e mitobiografiche. Eppure, tutto questo non basta.
Per apprendere l’arte di creare relazioni autentiche, mobilizzare parti profonde del proprio sé interiore, prestare il proprio cuore e la propria mente per rimettere in moto processi intrapsichici e relazionali rimasti bloccati in seguito ad esperienze traumatiche o difficoltà evolutive, è necessario andare oltre la psicologia stessa e nutrirsi ad altre fonti di conoscenza: la letteratura, la poesia, le arti figurative, il cinema, la musica, ma anche l’antropologia e la religione nelle sue varie declinazioni. Solo molto avanti nel percorso di studio e di pratica si può afferrare il senso di questa semplice verità: l’essere umano è fin troppo complesso per poter stare dentro una teoria, un metodo, una tecnica. La sua complessità insieme alla sua intrinseca bellezza meritano un atteggiamento di totale rispetto e di sincera umiltà.
È per questo che quando una persona mi chiede un aiuto di tipo psicologico, mosso da un sentimento di esitazione mista a curiosità, penso tra me e me: chissà se sarò all’altezza di tale richiesta.
Accade allora che la decisione di accettare la proposta diventi come l’incipit di un romanzo o di un componimento poetico, come l’overture di un brano classico o l’apertura del tema di un brano jazz.
Devo appassionarmi subito se voglio arrivare fino all’ultima pagina, all’ultimo rigo, all’ultima parola.
La psicologia è questo attraversamento dell’esistente, fatto con leggerezza ed equilibrio. Un breve viaggio dello spirito in cerca della sua ragione.
L’autore espone l’essenza relazionale della terapia, intrecciata alla conoscenza e all’arte, nelle sue varie espressioni; da intendersi come insieme di aspetti assimilati e calati nella vita di tutti i giorni (e non come evasione creativa), da metterli in una pentola e mescolare. Possiamo considerare, dunque, il terapeuta un traduttore?
Il terapeuta disvela la poesia insita in ogni essere umano, che ognuno per natura possiede dentro di sé, e…
Si distende,
come una coperta di autunno sulla pelle,
il tempo della vita.
Si invecchia e si ringiovanisce
insieme.
Sembra di finire
e invece si sta per cominciare.