Riteniamo necessario fissare i concetti chiave della trattazione da noi analizzata al fine di poterci riferire a questi nel momento in cui esponiamo le nostre riflessioni, e i dubbi, che vogliamo proporre al gruppo per discuterne insieme.
Nel capitolo primo apprendiamo, attraverso alcuni esempi riportati dagli autori, che “[…] un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica”. Viene spiegato poi che la comunicazione umana può essere divisa in tre settori: sintassi, semantica e pragmatica. Ciò di cui noi ci occupiamo riguarda la pragmatica, intesa come il modo in cui la comunicazione influenza il comportamento. Quando parliamo di comunicazione, inoltre, intendiamo sia il discorso verbale che tutti i segni del contesto interpersonale. Altro concetto fondamentale è quello di circolarità della comunicazione, che comprende quelli di ridondanza e di retroazione. È importante, infine, sottolineare come Watzlawick definisce questa riflessione sulla comunicazione “metacomunicazione”. Fenomeno al quale attribuisce due svantaggi fondamentali: il primo è che nel campo della comunicazione umana non ci sia ancora nulla di confrontabile al sistema formale del calcolo e il secondo, fondamentale, è che a differenza dei matematici noi usiamo lo stesso tipo di linguaggio sia per comunicare che per metacomunicare. Più di ogni altra disciplina, quindi, la psicologia e la psichiatria riflettono se stesse: soggetto e oggetto sono identici, la mente umana studia se stessa, e ogni ipotesi tende inevitabilmente a autoconvalidarsi.
Nel secondo capitolo gli autori delineano alcune “proprietà semplici” della comunicazione che hanno natura di assiomi e che vanno così a costituire la struttura base della comunicazione:
1. Non si può non comunicare.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione.
3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
4. Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico, il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia, ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni.
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.
Nel terzo capitolo si attua un collegamento tra gli assiomi enunciati e le patologie che possono incorrere a causa di una comunicazione deficitaria. In particolare, le patologie sembrano scaturire da errori comunicativi nella struttura, nei livelli di percezione interpersonale, nell’impenetrabilità, nella causa-effetto, nell’escalation simmetrica e nella complementarità rigida.
Nel quarto capitolo si delinea una distinzione tra il concetto di sistema chiuso e sistema aperto, individuando quest’ultimo come quello entro il quale si determinano le relazioni umane. Vengono esplicitate, in particolare, le sue proprietà formali macroscopiche, che sono: totalità, retroazione ed equifinalità. In seguito, vengono analizzate le caratteristiche del sistema stabile, ovvero: la natura della relazione in corso, il concetto di limitazione e le regole interne al funzionamento della relazione. Questi elementi vengono poi presi in considerazione e analizzati nel sistema famiglia.
Sulla base di questi punti fondanti abbiamo sviluppato delle riflessioni personali aperte che vorremmo sottoporre al gruppo per renderle oggetto di discussione condivisa.
Come mai un trattato sulla “Pragmatica della comunicazione umana” che si propone di studiare e riflettere sulla comunicazione, tende ad avere un linguaggio così ostico e apparentemente impenetrabile?
Il comportamento patologico viene spiegato come frutto di una interazione disfunzionale, la patologia, quindi, prende forma solo sulla base di questa interazione o ha anche una propria individualità intrinseca?
In che modo possiamo entrare nel sistema comunicativo disfunzionale per decodificarlo e renderlo funzionale?
Il soggetto schizofrenico è impegnato nel compito di evitare l’impegno della comunicazione. Quando comunica fornisce delle informazioni vaghe e confuse, lasciando all’interlocutore la scelta tra le tante interpretazioni possibili. La nostra riflessione è che quest’ultimo tenti, in questo modo, di consegnare all’altro l’impegno che egli rifugge.
Assumendo l’importanza del concetto di totalità all’interno di un sistema, in totale contrapposizione il concetto di sommatività, ci sembra che in alcuni momenti sia totalmente trascurato il ruolo dell’individuo in quanto tale. Qual è il ruolo dell’individuo al di fuori della sua funzionalità nel sistema?
Tenendo in considerazione che il malato, e i disturbi di cui egli soffre, dipenderebbero in gran parte dai circuiti relazionali nei quali è inscritto, e dalle conseguenze contraddittorie e paralizzanti che un uso errato del linguaggio può generare. È possibile, quindi, asserire che non esistano, propriamente, patologie, ma solo situazioni patogene? Non va ad annullare il concetto di patologia?