“Sono perché sto
dove ho portato la mia vita a tutta velocità,
verso il burrone dei miei sogni”
(Franco Barbato, Irrealismo Poetico)
Franco Barbato[1] è un giornalista e poeta cileno ed è il fondatore dell’Irrealismo Poetico: manifesto etico, estetico e poetico che propone di superare la realtà, offrendo delle alternative per abitare il pianeta.
MANIFESTO IRREALISTICO
“Dichiarazione universale di principi
Noi, poeti e creatori, ci ribelliamo alla realtà e ai suoi determinismi sociali.
Intendiamo la realtà come l’insieme delle ideologie politiche e delle religioni che hanno strutturato il mondo di oggi”…
“L’irrealismo NON è un movimento esclusivamente poetico, per questo sono invitati a partecipare tutti i tipi di creatori: pittori, scultori, danzatori, musicisti, ecc. L’invito è di superare la realtà attraverso l’atto creativo. Quell’emozione che si prova quando si crea, quella timida sublimazione del sentimento, quella piccola elevazione dello spirito, si usa per rapportarsi alla vita di tutti i giorni”…
“Gli irrealisti rispettano ogni forma di vita. Gli irrealisti accettano la sfida di lottare per il nostro pianeta, non per un particolare Paese.
Gli irrealisti si definiscono un movimento assolutamente pacifico, pertanto non sosterranno in nessun caso alcun tipo di pronunciamento militare o armato.
Gli irrealisti accettano la natura e le sue manifestazioni come nostro supremo padrone. Crediamo che dobbiamo tornare a essere figli della terra e non del rumore della realtà delle società”
“Gli irrealisti e le loro espressioni creative cercheranno di creare un percorso prima all’interno di noi stessi e poi verso l’esterno”…
“Gli irrealisti godranno di assoluta libertà nella creazione, sia nel metodo, nella tecnica o nell’argomentazione, purché il prodotto finale significhi una spaccatura o una frattura dei determinismi contemporanei e delle convenzioni sociali che strutturano ciò che chiamano realtà.
Gli irrealisti non cercano risposte, ma nuove domande.
Gli irrealisti non credono nella follia come malattia, ma come paradigma per comprendere un’altra dimensione di questo mondo”…
L’Irrealismo nella poesia si riferisce, dunque, a un pensiero che si contrappone a quello della realtà, cioè legato alle varie controversie dell’attualità:
“La poesia irrealista è solo l’inesorabile conseguenza di una vita ai margini della realtà, delle sue tirannie ideologiche, delle sue religioni e delle sue statue di umani infangati. Lì, dove c’è il potere, c’è quel luogo in cui non voglio stare”.
Come già scriveva Pasolini “il potere ha avuto bisogno di un tipo diverso di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore”… “ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile” … “Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo”.
“Il nostro tempo segnala la decadenza degli Ideali. Ed è il tempo, come vide benissimo Pasolini, del dominio degli oggetti. Ne parlava anche Gaber in Polli d’allevamento: gli oggetti hanno preso il potere, diceva. Siamo dei polli che beccano compulsivamente, senza sosta, senza pace[2]” (Recalcati, 2023).
Barbato si pone l’obiettivo di rompere i canoni convenzionali per ricercare un contatto diverso tra gli esseri umani, nel contesto più ampio in cui viviamo.
La poesia è uno strumento per manifestare, comunicare, coinvolgere la comunità ad una partecipazione attiva e promuove un cambiamento a partire da se stesso, dai propri stati d’animo più profondi e da
L’OSCURITÀ DEL MIO PETTO
La vita mi vuole ora
Ma sono ancora drogato nell’eternità
E anche se le ore passano come gocce
L’oceano non perde mai la sua tranquillità
Tutti nel mio ecosistema sono febbricitanti
Urlano mentre saltano da una moda all’altra
Si infuriano, si aprono, sanguinano e agonizzano
Ma sono dalla morte ignorati
I grandi eventi sono davanti
Delle lingue e della loro vuota verbosità
Se ne vanno in silenzio e con il volto coperto
Lasciano la loro bomba e si ritirano
Un impero invisibile di silenzio
Dove tutti possiamo parlare lo stesso idioma
Al di là dei colori e delle lingue
Gli occhi, l’anima della persona
La solitudine mi ha messo sull’orlo dell’abisso
E osservandolo così tanto siamo diventati fratelli
Tra le pareti rocciose del precipizio, i corvi
Volano sull’oscurità del mio petto
E io, timidamente sorrido.
L’immagine del corvo e le atmosfere misteriose, dense di ardore e tormento, sublimati nell’arte, inevitabilmente ci evocano Poe, poeta romantico che ha anticipato il simbolismo. Per i simbolisti la realtà non è quella della scienza, della ragione o dell’esperienza, ma qualcosa di più profondo cui solo la poesia può arrivare. Come scrive Baudelaire nella poesia Corrispondenze: La Natura è un tempio dove incerte parole mormorano pilastri che sono vivi, una foresta di simboli che l’uomo attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari: ogni oggetto rimanda a qualcos’altro, è simbolo di qualcos’altro, e spetta all’uomo e, in particolare al poeta, interpretare tali simboli. Questa poesia è il manifesto poetico dell’autore: “la realtà è mistero e la natura è una foresta di simboli, che il poeta deve interpretare e svelare con un atto di intuizione-espressione. A tale scopo il poeta simbolista rifiuta la tradizionale logica e referenzialità del linguaggio e ricorre a tecniche come il simbolo, l’allegoria, l’analogia, la metafora ricercata, la sinestesia. Crea accostamenti imprevisti, usa in modo sapiente e simbolico gli spazi bianchi e gli artifici tipografici e iconici”[3].
Attraverso la poesia si possono risanare i dolori, trovare un nuovo senso e trasformare gli istinti distruttivi in atti creativi “gli irrealisti non avranno bisogno di abusare di alcol o droghe per creare un’identità individuale o collettiva”.
Poe che aveva scelto l’immagine del corvo a causa dell’umore malinconico che evoca e del simbolismo di uccello che predice il disastro. “Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima, perché rimettesse le cose a posto” (Il Corvo, 1994).
Per rimettere le cose a posto, Barbato ci propone di:
SCAVARE NEL CUORE DELLA NOTTE
La mia poesia è
Una pala che scava nel cuore della notte
Una tomba per gli dèi
Un angolo buio di nessuno
Dove non arrivano gli uccelli
Né il loro canto di primavera
Qui, scrivendo
Sulla carta bianca
Quando è ancora notte
Nessuno vive
Tutti dormono
Tutte dormono
Le false identità
E solo gli spiriti siamo rimasti
Rinchiusi nei corpi degli animali
La poesia è un coltello affilato
assetati di sangue divino
Scrivendo abito altre
realtà, pianeti
Sono un’altra persona
Una voce senza carne
Che passa veloce
Tra i rami frondosi dei miei alberi
E sussurra gridando al mio orecchio
Di scrivere prima che
Il mondo muoia
O che la sua realtà mi schiacci
Per questo
Scavo e scavo
Nel cuore della notte
Per seppellire i miei tesori
Dei e pianeti morti
E quando la realtà
si spezzerà
Avrò
Nel profondo
Venti di sogni
Soffiando il fuoco
Verso l’incendio.
L’autore non è interessato a scrivere poemi, ma ad ardere di poesia e sporcare la carta per ripulire l’anima, attraverso il suo Irrealismo poetico.
Un concetto chiave del suo manifesto è “la nuova crudeltà”: il poeta riprende da Artaud[4] il tema della “crudeltà” intesa come “crudità”, cioè essere crudi, essenziali, liberi da fronzoli e da schemi mentali per aumentare la potenza comunicativa ed espressiva, e non come sadismo né come causare dolore.
Il primo manifesto del Teatro della Crudeltà di Artaud risale al 1932, nel quale considera la crudeltà “la volontà di liberarsi di qualunque elemento non fosse prettamente attinente al testo teatrale.Per scrollarsi di dosso la tirannia esercitata da testi spesso troppo opprimenti, Artaud vuole un teatro integrale, che fonda gesto, movimento, luce e parole[1]”. L’obiettivo era di rappresentare uno spettacolo in cui fossero impiegati tutti i mezzi d’azione atti a scuotere e sconvolgere lo spettatore, ottenendone una partecipazione incondizionata.
Barbato si riferisce a una “crudeltà nello scrivere, nel creare, nell’immaginare senza paura né pudore”… “Crudeltà nel sorridere nel cuore della notte con la faccia piena di sangue irreale, dopo un crimine immaginario appena scritto”.
Il poeta rappresenta la “crudeltà sulla carta per non esserlo sugli altri”, dal momento che “l’estetica della violenza è una cosa, essere violenti è un’altra. Ho un’attrazione fatale verso tutto ciò che danneggia. Pistole, coltelli, sangue, crimine, droga, follia, ecc. Tutto questo mi riscalda a livello creativo. Al contrario, nella vita reale e umana cerco di essere un uomo migliore”…“Ho visto molta violenza e per questo la evito e disprezzo a tutti i costi. Non è la mia realtà, ma la mia irrealtà”.
La poesia è “un ring per colpire gli dei[2]” e per liberarsi dalle emozioni negative. L’autore accetta, accoglie e riconosce le proprie emozioni più profonde e propone un nuovo concetto di silenzio. Barbato considera il silenzio come una forma di contatto con l’altro, senza pregiudizi o paure: un collante sociale nel quale siamo tutti uguali. “La sfida dello scrittore non è raggiungere la folla rumorosa, ma il silenzio nel cuore della gente”. Il silenzio non è un muro che divide, ma un mezzo che garantisce un momento di riflessione, permette l’ascolto e una comunicazione migliore.
“Gli irrealisti lottano per recuperare l’umanità come base di tutte le relazioni sociali. Questo implica intrinsecamente il non accettare alcun tipo di pregiudizio contro le persone” e valorizzare le
PERSONE CHE NON PARLANO
Le persone che non parlano
Sono sempre lì, tra i rami
Osservano con attenzione, cambiando di albero
Saltano quasi senza toccare le parole
Camminano in punta di piedi sui cadaveri
Per non svegliare i morti
Le persone che non parlano
sono sempre lì, al vertice della finestra
Osservano la creazione silenziosa del tempo
Mentre l’uomo la aggredisce delirante
Si mimetizzano con le nuvole invisibili
Si impigliano nel loro bianco nulla
Le persone che non parlano
Hanno spie nei loro occhi
Per rubare i segreti piantati
Nei cuori più generosi
Quelle pentole d’oro sono le parole
Brillano quando vedono
La dilatazione dei tuoi pori
(Lettore silenzioso)
Le persone che non parlano
hanno le mani pulite
Perché le parole sembrano ingiuste
Per esprimere la bellezza del mondo
che passa
Di fronte alla propria pelle, di fronte
Al rumore di chi parla senza ascoltare l’altro
Lasciano il mondo avendo detto poco
Lasciano il mondo
Come le luci
Hanno abbandonato i miei occhi.
La poesia di Barbato è un veicolo per elevare l’anima, per appassionarsi e purificarsi, per inneggiare un cambiamento individuale e sociale, che comprende una realtà senza icone né senza idoli, in comunione con l’universo.
BRUCIARE LE BANDIERE; BUTTARE VIA LE STATUE
“So che la vita è bella
Lo so perché lo sento
Nella mia totale piccolezza
Sogno di ripetermi
Per nascere di nuovo
Essere un’eco
Tra il sole e la luna
Quale piccolo incidente
ha dato vita alla poesia irrealista?
Troppa realtà, troppa morte
Troppo male che pretende di essere vitale
La mia nausea verso la società e naturalmente
L’inevitabile rutto mattutino”.
…
“In un mondo dove
le statue sono amate e odiate
Vorrei essere il vento per spazzarle via”.
Lo scrittore conduce il lettore all’interno del suo manifesto poetico ed esistenziale, nelle sue corrispondenze e critiche verso la società. Si definisce tramite ciò a cui non dà importanza, come per Montale: codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo:
NON MI IMPORTA
Non mi importa di perdere mio padre
Non mi importa della morte della mia famiglia
Non m’importa se la vita frusta la mia infanzia
Non mi importa
Non mi importa dei ricordi che sono sepolti
Sotto un albero che ho dimenticato
Non mi importa che questa breve vita
mi dia lunghi dolori
Non mi importa
Non mi interessa la punizione contro la mia memoria
Non mi importa della lontananza
Né l’amara malinconia
Né le immagini scolorite
Che lasciano la mia pelle
Senza lasciare impronte
Non mi importa se scompaiono
Il tuo macabro consiglio
Non mi importa
Non mi importa
Non mi importa la crudeltà dell’urlo che insegue i miei sogni”.
La poesia permette di comprendere e rielaborare il dolore e il malessere della collettività, espressi nel testo nelle atmosfere dolenti, crepuscolari, che rievocano la morte, attraverso la scelta di specifici termini linguistici (pale, cimiteri, scavare etc). “Gli irrealisti accetteranno che la morte non esiste”, per loro è necessario “tornare a essere semi. Ascoltare le comunità aborigene. Tornare al trascendente”.
Con Barbato sostiamo in questo angolo di silenzio, che ci ricorda i versi di Ungaretti: lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata, alla ricerca di un momento di raccoglimento, una consolazione al dolore, prima di fermarsi qui:
MI SONO FERMATO QUI
Mi sono fermato qui
In questo angolo di silenzio
Per scrivere mentre cado
Mentre vedo l’abisso
E a questo punto
Tutta la vita
Mi sembra
Un precipizio
E io solamente cado
Con gli occhi strappati
Ed impugnati nella mano
Mentre gli uccelli salgono
Io vado come un sasso
Leale alla gravità
Liberamente
Io cado
Mi sono fermato qui
In questo angolo di silenzio
Perché non vedo più nulla, tranne
Il colore morto dei miei pensieri
Che sale e mi copre tutto
Come una macchia
Come un oceano
Di vino rosso
Sulla mia
Anima
Che
Cade
E
Cade
Fino tornare
All’inizio.
Il percorso di Barbato procede dalla vita alla morte e la fine è considerata un nuovo inizio in un ciclico continuo. Il poeta ci propone di contattare l’universo, rispettarlo e creare un dialogo con gli astri: la notte mi parla con la bocca piena di stelle[3].
Per l’autore il vento sarà sempre un compagno e l’armonia risiede in
CONNESSIONE DEL VENTO
Chiudi gli occhi
Senti il vento
Ascolta tua figlia
Cadono le foglie
Dal quaderno
Dall’albero
Della vita
Tu ti alzi
Tu ti sublimi
Elevazione semplice
Guarda, umile pastore
Ecco le tue stelle
Il cielo non è così in alto
Dalla terra al sonno in silenzio
Svelato, vigile e in punta di piedi
Il vento sarà sempre un compagno
Quando la realtà insegue ciò che ispira.
[1] https://www.frammentirivista.it/teatro-della-crudelta-antonin-artaud-la-sua-folle-sincerita/
[2] Barbato F., Odio la poesia rosa.
[3] Barbato F., Bocca di stelle.
[1] È autore del Pilastro della Creazione e di Realideath. È stato pubblicato e tradotto per diverse riviste e antologie in Italia e in altri stati e ha fatto parte della giuria al Sahitto International Award of Literature di Bangladesh.
[2]Santerini G., Mettetevi comodi, la politica sul lettino di Recalcati, La Repubblica, Venerdì 23 giugno 2023.
[3] https://www.studenti.it/simbolismo-in-poesia.
[4] drammaturgo, attore, saggista e regista teatrale francese.