“Questa città ti ospita
ma in fondo questo corpo pure,
per cui finché ci sei fammi il favore vai
dove ti porta il vento,
vai dove ti dice il cuore
e, se puoi, non ti dimenticare
che la vera libertà
è un ‘Caput mundi’ interiore”
(Giulia Sara, Caput mundi).
Giulia Arcovito ha un passato da giornalista e autrice tv, attualmente lavora nel cinema, come sceneggiatrice e story editor per film, serie tv e documentari.
Scopre la spoken word poetry di matrice anglosassone, grazie a un video su YouTube, e se ne innamora all’istante. Inizia ad esibirsi a Roma, col nome di Giulia Sara (2019) e partecipa alle finali nazionali LIPS – Lega Italiana Poetry Slam (2021).
Utilizza la poesia per instaurare uno scambio diretto col pubblico, invitarlo a ribaltare la prospettiva, sfidare le opinioni precostituite ed esplorare nuovi punti di vista. Rispetto a questo afferma: “penso (troppo) dunque scrivo. A volte penso talmente tanto che alla fine mi aggroviglio su me stessa e va a finire che non scrivo. La mia poesia è tutta uno sgrovigliare grovigli di pensieri”. E come ci insegna Calvino (2016): “dove la penna ti si inceppa, dove non riesci a esprimerti, di lì e solo di lì potrai cominciare a fare letteratura”.
La scrittrice fa parte del collettivo Wow – Incendi Spontanei (2022) e così ci racconta: “in questo grande movimento di anime e corpi uniti da una visione comune che è la scena slam italiana ho trovato una tribù in cui identificarmi, un Nord magnetico verso il quale tenere costantemente orientata la mia bussola energetica e artistica”.
Da poco ha iniziato ad assecondare la sua natura italo-inglese scrivendo ed esibendosi anche nella sua seconda lingua, in alcuni dei principali eventi poetici e open mic[1] di Londra.
Adora la possibilità di essere autrice ed editrice di se stessa, senza bisogno di intermediari, usando nient’altro che il suo corpo, la voce e il coraggio di salire sul palco, infatti ci dice: “la spoken word è il mio più grande strumento di libertà”.
Il tema della libertà emerge già dall’introduzione perché è centrale nella poetica della scrittrice e si riferisce ai legami che costruiamo tutti i giorni.
Giulia Sara indaga lo spazio individuale, come punto di partenza fondamentale in ogni relazione, perché alimenta la condivisione e un nutrimento, che genera nuove energie. La poetessa fa riflettere sull’importanza di stare con l’altro, mantenendo i propri confini, flessibili (Minuchin, 1979) e “allungabili”, come vedremo nella metafora del guinzaglio per cani. Il terapeuta può avere la funzione di un costruttore di confini, chiarificando i confini invischiati e sciogliendo i confini estremamente rigidi: l’obiettivo è raggiungere un livello corretto di permeabilità dei confini (Minuchin, 1979). Il testo di Giulia Sara si riferisce alla storia di Mary A. Delaney, inventrice del guinzaglio a scatto per cani, che rappresenta simbolicamente il modello di una relazione “sana”:
A CERTAIN FREEDOM
“È il 1908 e New York City
è una promessa,
la libertà sovrasta e domina i cantieri di un futuro in costruzione
Sotto la luce fioca di un lampione Mary alza lo sguardo verso i primi grattacieli,
una mano tiene il lembo della gonna mentre corre a più non posso verso la stazione
Nessuno
può fermare quella donna dal saltare su quel treno in direzione
di se stessa.
Every girl deserves a skyline
Una linea sottile
a stabilire un confine tra il finito e l’infinito
l’orizzonte delle possibilità che prende forma e diventa concreto
Mary corre consapevole di stare lasciandosi dietro
qualcosa,
tipo una bella casa con dentro un cane e un marito
che ha amato e l’ha amata
dal primo minuto
Brividi lungo la schiena, dionisiache scopate
fiumi di risate,
chiacchierate a colazione pranzo e cena
curiosità sincera,
ammirazione e rispetto per la luce un po’ accecante che tutti portiamo dentro
Mentre adesso
di sincero non rimane che il disprezzo
e un bieco senso di possesso
Lui sorride a stento la rimprovera per cose senza senso
Tipo “mi dà fastidio come affetti il pane”
Mary ha perso il baricentro
il suo sole si è spento in una lunga e triste lista di funzioni quotidiane
Fino a ieri
il suo unico momento di respiro era portare a spasso il cane
Un giovane levriero femmina dal portamento fiero ed elegante,
abituata agli agi della sua condizione emanazione dello status del padrone
ma non per questo immune da istinti randagi,
né priva dei disagi che possono derivare dal divieto imposto dal contesto
al suo libero e felice scorrazzare
Come non empatizzare
Amare fino a farsi soffocare
Ma il collare poi diventa troppo stretto e l’unica
è tagliare
Lasciare un biglietto – che cosa banale
È il 1908 e poco prima di sparire una donna deposita un brevetto:
un nuovo, strano oggetto detto “guinzaglio allungabile a scatto”
Sulla nota ufficiale di accompagnamento c’è scritto, testuale
It is usually desirable that the dog should have a certain freedom in running about,
È desiderabile, si sa
che il cane abbia una certa libertà di andare in giro ad esplorare
Io penso che nelle relazioni di natura chiamiamola sentimentale
la cosa più importante
e più difficile da coltivare sia
la distanza”
[…]“È il 1909 e a New York City il sole
bacia il muso affilato di un levriero a spasso con il suo padrone
un ex marito abbandonato che si sente un po’ un coglione
mentre guarda l’animale allontanarsi quanto basta ad inebriarsi dell’odore
degli alberi, la vita, gli altri cani, le persone
per poi tornare a lui scodinzolante e grato
lo sguardo vivo e ancor più innamorato
E se solo
tornasse
la donna che ha amato
le direbbe: amore mio di luce grande,
tu mi hai insegnato
che un animo entusiasta vale dieci volte un animo imbrigliato,
di te io voglio avere voglia, non bisogno
e forse son pronto a vivere il sogno
adesso
che ‘ste due cosette in croce le ho capite,
adesso che ho imparato a lavarmi
da solo
le mutande,
e a leccarmi
da solo
le ferite”.
“I rapporti di coppia si possono rivelare profondamente trasformativi, non solo perché modificano le esperienze interne, ma anche perché attivano versioni di noi che sarebbero rimaste altrimenti nascoste, anche tutta la vita” (A. M. Nicolò, 1999).
La coppia sottoscrive un primo contratto (“fraudolento”! M. Bowen, 1978, in Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 02) che può essere assimilabile all’immagine di un iceberg: la parte emersa, con funzione di contenimento e forza, è costituita da accordi consapevoli e norme sociali mentre, l’altra parte, sommersa, è caratterizzata da vincoli affettivo-emotivi non consci, relativi alle aspettative di eterna fusione e soddisfazione. La parte sommersa del primo contratto è caratterizzata dall’illusione: ciascuno vede nell’altro la realizzazione di tutti i desideri e ognuno assicura all’altro che, grazie a lui, potrà essere al sicuro, colmando un vuoto incolmabile.
L’aspettativa, non realistica, secondo la quale i partners devono reciprocamente garantirsi una soddisfazione totale di ogni bisogno è l’idealizzazione, principale meccanismo di difesa delle relazioni. In termini freudiani, l’idealizzazione è la repressione da parte dell’Ego dell’aspetto sadico o dell’odio, dell’ambivalenza da parte dell’oggetto d’amore, lasciando a livello conscio solo gli aspetti positivi dell’oggetto. Questo consente di sentire un amore “puro” (Dicks, 1967).
Attribuirsi a vicenda sentimenti condivisi inconsciamente costituisce l’essenza del processo simbiotico o collusivo” (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 02).
Gli aspetti di collusione (‘giocare insieme’), cioè di idealizzazione e appoggio sull’altro di aspetti fragili del sé, riguardano tutte le coppie.
“Pensiamo alla collusione come a una necessaria apertura, come una seduzione reciproca che attiva la relazione. Il problema non è la collusione in sé ma, propriamente, la trama che da essa si sviluppa” (Scabini, Cigoli, 00).
Se in questa fase sono stati prevalenti meccanismi proiettivi, tale illusione può andare a costituire un nucleo problematico.
Nella possibilità di rinnovare il primo contratto si può individuare la differenza tra la coppia che possiede le risorse per superare la crisi e quella che ne è priva.
Per le persone che non riescono a superare la crisi, tutto sembra cristallizzarsi e irrigidirsi intorno alle premesse, nel tentativo di modificare lo stesso compagno, attraverso una serie di rivendicazioni, rispetto ai patti non mantenuti (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 02). La disillusione consente di riconoscere l’altro nella propria diversità, altrimenti sarà presente la delusione.
Affinché la relazione possa evolversi e rendersi stabile è necessaria l’accettazione dell’altro in quanto ‘altro’: per quello che è, e non come mezzo di soddisfacimento di desideri. “Per accedere ai doni dell’amore dobbiamo in qualche modo mettere da parte il nostro io e la nostra abituale visione del mondo[1]” (U. Galimberti, 2014).
Il potersi coinvolgere in una relazione, nella sua unicità ed esclusività, dipende dalla qualità dei vissuti infantili, rispetto ad un’esperienza di interdipendenza tra processi di attaccamento e autonomia, e anche dalle modalità di svincolo dalla famiglia d’origine. È fondamentale rimanere centrati su se stessi perché “la vera libertà è un caput mundi interiore”:
CAPUT MUNDI
“Ogni mattina un romano si sveglia e sa
che per quanto possa correre
non riuscirà mai a eguagliare il suo glorioso passato.
Ogni mattina un romano si sveglia ed è già inconsciamente,
visceralmente
incazzato.
Figlia adottiva di mamma Roma,
anche detta “studentessa
fuori sede
demmerda”
E ora che studentessa non lo sono più da un pezzo,
ma resto comunque una persona demmerda,
piena di turbe da narcisista
che a detta della mia psicanalista
se continuo così non ci sarà mai niente
che mi sembri poco più
che a malapena soddisfacente,
soccombo più o meno felicemente a un destino
che ho scelto
a vent’anni,
un intercity scalcagnato
e la valigia strabordante dei gloriosi insegnamenti di mamma e papà
Che mi piaccia o meno,
Roma è la mia libertà”.
[…]“In quindici anni da fuori sede ho cambiato mille case e altrettanti quartieri.
Questa città mi ospita ma la conosco come le mie tasche
anche quelle più nascoste,
che magari ci trovo accartocciati dentro quei cinquanta euro a sorpresa
che mi ero dimenticata chissà quando e che mi svoltano l’umore e la giornata”
[…]“La mia vita scorre in flashback
mentre quasi la perdo tra un bus turistico a due piani
e un automobilista che inchioda per non prendere un pedone con la faccia su una mappa
Mi sa che qui il rischio è di finire schiacciati
tra ‘ste cazzo
di glorie
dei nostri antenati.
La Roma dell’impero e delle chiese,
la fatica
di scrivere il futuro
stando immersi nel passato
[…]Ogni mattina un romano si sveglia e si, non può che essere incazzato
e al tempo stesso
follemente innamorato, di un amore verace
ma malato
Se Freud fosse cresciuto in un palazzo a San Giovanni in Laterano avrebbe detto:
io so’ il mio super io
e voi non siete un cazzo
La mia psicanalista sorride mentre cerco di spiegarle
l’intrinseca contraddizione
di provare a essere liberi nella città del cupolone
Mi risponde tra le righe che il capezzolo è importante,
e i ricordi del passato forse anche
ma non si può certo vivere di manie d’appartenenza
e nostalgie d’onnipotenza
Al parco i pini tacciono e gli uccellini cantano
(a tratti sembra quasi che bestemmino)
Il vento soffia impavido e se ne frega del traffico, della pandemia,
non fa alcuna distinzione tra centro e periferia
se ne frega anche di me sicuramente eppure
sono quasi certa di sentirgli dire:
questa città ti ospita ma in fondo questo corpo pure,
per cui finché ci sei fammi il favore vai
dove ti porta il vento,
vai dove ti dice il cuore
e se puoi non ti dimenticare
che la vera libertà
è un caput mundi interiore”.
Dal brano emerge l’avvio di un processo di individuazione e la difficoltà di portarlo a compimento, legati al peso del passato e delle istanze genitoriali.
Roma è utilizzata come città il cui passato è croce e delizia: rappresenta la crescita evolutiva, con movimenti di appartenenza e differenziazione.
Giulia Sara, con umorismo, si riferisce anche al rapporto con la terapia e il cupolone (la cupola della basilica di San Pietro, uno dei simboli della città) viene paragonato a un capezzolo, richiamo implicito dell’attaccamento materno.
Ricercare se stessi e vivere il momento presente sono ingredienti fondamentali per svincolarsi dalla famiglia d’origine e dal passato.
“Ogni negatività è causata da un accumulo di tempo psicologico e dalla negazione del presente. Disagio, ansia, tensione, stress, preoccupazione (tutte forme di paura) sono causati da un eccesso di futuro e da un’insufficienza di presente. Senso di colpa, rimorso, risentimento, rancore, tristezza, amarezza e ogni forma di mancato perdono sono causati da un eccesso di passato[2]” (E. Tolle, 2013).
I temi della libertà, dell’autonomia, dell’autoaffermazione riguardano il confronto con se stessi e la costruzione di progetti sociali. La scrittrice approfondisce il senso del confine che separa: noi dall’altro, lo spazio individuale da quello della coppia, il passato dal presente, il giorno dalla notte e garantisce al lettore una continua trasformazione e integrazione. Avviene un ribaltamento del ritmo sonno/veglia che permette di vedere la realtà da un’altra prospettiva e cogliere diverse sfumature.
Giulia Sara rompe gli schemi in una insonnia d’anarchia, attraverso un testo che parla di insonnia come dell’altra faccia di una divergenza (neuro, ma non solo) rispetto ai ritmi generali della vita contemporanea e ribadisce l’importanza di ritmi personali, meno frenetici, per ascoltare se stessi e il mondo intorno:
INSOMNIA EXPLAINED
(L’insonnia spiegata a me stessa)
“Nelle grandi città
al confine esatto tra la notte e il giorno esiste un attimo
bellissimo,
leggero sfumato prezioso rarefatto sconfinato
quasi mistico:
orde di uccellini che si svegliano all’unisono,
un po’ prima degli umani
si assiepano sui rami
uno sguardo alla lista di cose da fare
al punto numero uno c’è scritto: cantare”
[…]“Ecco in quel momento esatto di sublime,
inafferrabile insondabile bellezza
un’insonne giace nel suo letto”
[…]“Il corpo immobile
I pensieri al galoppo
Il respiro contratto
dall’ansia del domani
e del dopodomani, l’ansia del 9-18”
[…]“la rivoluzione industriale
mi avrà pure dato molto
ma tra le cose che mi ha tolto
c’è la libertà di rivendicare un fuso orario personale”
[…]“La mia insonnia non è insonnia, è un surplus di energia
un tributo alla magia
la luna è mia
La mia insonnia non si cura in farmacia perché non è una malattia
è solo un senso di jet-lag verso la corsa al capitale
“Nei miei sogni la mia insonnia è un’insonnia d’anarchia”
[…]“La via d’uscita per sfuggire alle nostre propensioni genetiche, consiste quindi nell’apprendere continuamente nuove informazioni e nel fare nuove esperienze. È così che potenziamo il nostro cervello. Possiamo aggiungere nuovi circuiti alla nostra architettura neurale personale; possiamo ulteriormente modificare e disegnare un nuovo sé progressivo” (J. Dispenza, 2012):
“Ho intuizioni avventurose non le voglio soffocare
e un estremo,
profondissimo bisogno di creare
Voce del verbo dare
una forma
a questa nuvola di caos sensoriale che si chiama
io
nella sua parte più preziosa sconfinata quasi mistica elevata e spirituale[1]”.
Tramite la creatività e la scrittura, l’autrice afferma l’importanza di esprimersi e sottolinea le difficoltà di vivere in un’epoca bombardata da stimoli e istanze di performatività. Il tema Poesia e libertà si inserisce come strumento per affrontare varie problematiche sociali e si riferisce alla nostra attualità, in cui “il dialogo non è un caffè istantaneo, non dà effetti immediati, perché è pazienza, perseveranza, profondità. Si tratta di una rivoluzione culturale rispetto al mondo in cui si invecchia e si muore ancora prima di crescere. È la vera rivoluzione culturale rispetto a quanto siamo abituati a fare ed è ciò che permette di ripensare la nostra epoca” (Z. Bauman, 2016).
Partire da sé per costruire un dialogo vuol dire anche ricercare le proprie origini familiari e le radici miste dell’autrice, per metà siciliana e inglese:
UNTITLED
[…]“Sono in continua Brexit da me stessa,
il mio parlamento interno è indaffarato in un eterno negoziato
tra porridge e gelato
progressismo libertario e patriarcato
tra mafia
e senso dello Stato
Ma il mio stato di famiglia parla chiaro
mamma inglese, papà siciliano
e lo scarto
è minimo
in questo referendum consultivo di carattere genetico
miscuglio linguistico culturale schizofrenico
a cui mi ritrovo esposta
in cui se è una cosa è vera è vera anche quella opposta”
[ …]“I belong to never fully belonging
Appartengo
al non appartenere mai completamente
Ma in nome dell’umana fratellanza voglio la cittadinanza
in tutti i luoghi in cui ho avuto il dono
di entrare in risonanza con qualcuno
Che casa non è un vincolo giuridico o un confine delineato da incursione militare
casa
è un vincolo d’amore”.
Come si può stare, e appartenere, in maniera diversa dentro la nostra società, colpita da “business” tipici dell’energia maschile tossica?
Nel testo Santa, attraverso la figura di Santa Rosalia (santa eremita vissuta nella Sicilia del dodicesimo secolo), si ribadisce l’importanza di restare fedeli alla propria natura:
“Palermo, capitale del regno
ed è tutta una gara a chi ce l’ha più grosso e più bello
il palazzo, il castello
sfarzosa la chiesa di cupole e psichedelia di mosaici dorati
di marmi intarsiati
Lavoro incessante a ritmo incalzante
operai stremati
per lussi sfrenati intitolati /
alla Vergine Maria
Che talvolta rimane più facile
venerare una donna invisibile che ascolta ma non fa domande,
che provare a parlare davvero con una donna di carne e di sangue
E negli anni in cui il re giura fedeltà a dio
con la spada la lancia il globo lo scettro
l’anello,
l’armilla regale il mantello
io/
mi taglio i capelli,
mi spoglio di tutti gli orpelli
E negli anni in cui il popolo giura fedeltà al re
io mi guardo un’ultima volta allo specchio
e prometto
fedeltà a me/
e mi sento un sussulto nel petto”.
“Il controllo delle donne, che è stata l’ossessione ideologica, millenaria, della società patriarcale, non è più determinabile per legge: almeno in quel pezzo di mondo che chiamiamo Occidente, il patriarcato è una forma morta. Ma la sostanza no, non è morta[2]” (M. Serra, 2023). “Il confine fra premura e controllo e poi quello fra controllo e sopraffazione, è un attimo[3]” (C. De Gregorio, 2023).
Il testo La dea dell’amore parla di sacralità dello scambio sessuale, in un periodo storico in cui i rapporti occasionali sono estremamente accessibili.
La voce narrante rappresenta l’energia erotica pura, la dea dell’amore che è in ognuna di noi:
“perché vedi mio rapace, mio avventore
Io credo nella fellatio come atto d’amore
credo al fluido di vita che attraversa e apre il cuore
e mi piace sfidarti mentre mi inarchi la schiena
principio cosmico
esistenza piena”.
Giulia Sara capovolge l’attualità per sperimentare come affrontare diversamente le complessità, cogliere i suoni della notte e valorizzare il legame relazionale.
La poetessa ci propone di vivere nel rispetto del confine di se stessi e dell’utilizzo creativo del corpo, in nome di Poesia e libertà.
[1] Giulia Sara Insomnia explained.
[2]Serra M. (2023) La malattia del maschio, la Repubblica, 19 novembre.
[3] De Gregorio C. (2023) Giulia e il confine sottile, la Repubblica, 19 novembre.
[1] Galimberti U. (2014) Articolo su Io donna – Repubblica, 4 maggio.
[2] Tolle E. (2013) Il potere di adesso, Edizioni My Life.
[1] Open Mic significa letteralmente “microfono aperto” ed è uno spettacolo dal vivo, in un locale, dove artisti di qualunque esperienza possono sperimentare materiale davanti al pubblico.