Gianni Papa è nato a Caserta (1969) e si è laureato in Lettere. Scriveva poesie già da ragazzo, poi si è dedicato alla narrativa e ha pubblicato dei romanzi: Lele contro zombie, Reperto Occasionale e Mio fratello è uscito dall’autismo.
Nel frattempo, è diventato insegnante e attualmente è insegnante di sostegno.
Non ha pubblicato – almeno non ancora – le sue poesie ma le performa: partecipa ai Poetry slam e organizza eventi tramite il collettivo Scaldachiodi.
Gianni Papa porta in scena personaggi della Spoon River criminale: il progetto è nato cercando un genere efficace sul palcoscenico, interpretando il poetry slam come una performance. L’autore trasforma la poesia recitata in poesia performativa, con un personaggio, una messa in scena e un attore.
Gianni Papa fa riferimento alla poesia di tipo narrativo, quella sullo stile appunto di Edgar Lee Masters, oppure di Carver e Bukowski. Nonostante la sua predilezione di matrice statunitense, tiene molto anche alla metrica italiana e infatti alcuni dei suoi componimenti sono in terzine dantesche oppure in ottave ariostesche.
Il progetto Spoon river criminale riguarda fantasmi che si presentano, come se fosse un monologo, e raccontano la loro vita:
UN ROMANTICO
Io ti penso anche adesso, dolce amore
e a pensarti rimuoio di dolore
mi piacerebbe averti avanti ancora
per i tuoi occhi ucciderei anche ora
ma non riesco qui dove mi trovo
e riabbracciarti, a riaverti di nuovo,
posso solo pensare a quando uniti
ci toglievamo i pensieri e i vestiti
posso solo pensare a quando accesi
l’uno sull’altra stavamo distesi
chiedermi posso qui se ancora pensi
a quando ti accendevo tutti i sensi
posso solo pensare, qui, da morto
che col mio cuore nel cuore ti porto,
Il Corpo non l’ho più, quasi del tutto
ché in una bara no, sembrava brutto
Mi hanno cremato e messo dentro un vaso
non posso più annusarti con il naso
non posso più goder dei glutei sodi,
sono tra quelle cose che non vedi
se non hai più le mani e non hai piedi,
sono tra quelle cose che non tocchi
se non hai più la lingua e non hai occhi
se non hai più la pancia né i ginocchi.
A volte mi dimentico, Niagara,
di quanto eri speciale, quanto cara
per questo mi fa ancora più impressione
l’averti uccisa io, senza ragione,
L’averti tolta dal mondo dei vivi,
la tua gola stringevo e tu dormivi.
i tuoi occhi sbarravi e ti svegliavi,
il tuo collo serravo e tu tossivi,
le tue braccia agitavi e tu morivi,
con le gambe scalciavi e ti agitavi,
alla fine sconfitta ti fermavi
(non respiravi, più non respiravi)
Stavo a guardarti morta, sul divano,
nel nostro nido lì al settimo piano,
stavo a guardarti senza un’opinione
lanciandomi con te oltre il balcone
dopo aver scavalcato la ringhiera
il sei di aprile, in piena primavera.
Con Gianni Papa entriamo, senza preamboli, nel vivo dell’attualità del femminicidio: il poeta descrive, a ritmo di metrica, il legame tra vita e morte, nei suoi multipli aspetti.
Come ci insegna Cancrini, accanto ai fattori di ordine culturale, bisogna considerare la psicopatologia all’origine di queste violenze: “possiamo concretamente affermare, infatti, come psichiatri e come psicoterapeuti che nei casi in cui si arriva o si può arrivare a gesti estremi come il femminicidio, la violenza di genere è: borderline quando è impulsiva, non premeditata e seguita da pentimento, narcisista-antisociale quando è decisa lucidamente e lucidamente organizzata e più raramente paranoidea, quando si iscrive all’interno di un vero e proprio delirio di gelosia. Quello che l’esperienza ci insegna quotidianamente, però, è che al gesto estremo queste persone arrivano al termine di una sequenza importante di gesti, meno gravi, che dovrebbero essere letti come segnali importanti di pericolo da parte di chi li subisce. Denunciare, il più presto possibile, è sicuramente fondamentale, dunque, ma quali sono poi in realtà gli effetti della denuncia?” […] “E che cosa accade, tuttavia, nei casi in cui ad essere denunciato è una persona che sta male o molto male? Letta come prova ulteriore di un rifiuto inaccettabile dal paziente più borderline, come una sfida carica di disprezzo dal paziente più narcisista-antisociale o come una prova ulteriore del complotto, da cui si sente perseguitato, dal paranoideo, la denuncia e/o il tentativo di interrompere definitivamente il rapporto possono innescare reazioni folli di cui il femminicidio, la strage famigliare o l’omicidio-suicidio sono il tragico epilogo[1]”.
Papa presenta dei personaggi della nostra società, che spesso ci rifiutiamo di vedere: picchiatori, stupratori, pedofili, mafiosi, bulli. Con forza espressiva, caratterizza le personalità dei protagonisti e certe situazioni drammatiche, che accadono tutti i giorni. I suoi versi “obbligano” il lettore a riflettere, a diventare consapevole e, forse, responsabile di ciò che accade intorno:
UN PICCHIATORE
Ascolta, commissario,
Ciò che ti sto per dire
Perché questo è l’orario
Di vincere o morire;
Se mi prendi sul serio
Riuscirai a capire.
Dai, senti bene quello che ti dico:
Apri le orecchie tu che mi sei amico.
Io mica gliel’ho dato
quel pugno che ti ha detto
mica l’ho mai colpita
non gliel’ho fatta io
l’ecchimosi sul petto
Io quando dico “t’amo”
allora è amore vero
io quando amo davvero,
allora è amore raro
e quando amore è amore
lo sai, può capitare
che ci si lasci andare
e allora puoi colpire,
colpire per amore,
perché la donna è donna,
a volte non capisce,
a volte, sai, ti sbrana,
a volte ti arrostisce
a strisce sulla griglia
e non è colpa mia
lo sfregio sulla faccia
è stata la bottiglia
non sono stato io
uno che mi assomiglia
forse ha bevuto troppo
e sai cosa si dice
di chi va con lo zoppo
Forse i capelli neri
forse quei peli foschi
venuti via, ma a ciocche,
s’erano presi dentro
la collana Swarovski
e lei tirando forte
un po’ ne avrà strappati
così che adesso sembra
glieli abbiano rubati
Lei m’ama e deve amarmi
a voi sbirri l’ha detto
che vuole perdonarmi
ma io dico che nulla
qui c’è da perdonare
non si perdona l’uomo
che ti dà troppo amore
A lei l’amore è arrivato
con una scarpa in viso
volata via da sola
lì, sopra il suo sorriso.
Mentre la scarpa vola,
messaggera di morte,
a lei basta cadere
atteggiarsi a gridare,
così la gente arriva
a vederla strisciare
E mentre mi perdona
per il mio troppo amore
interpreta la scena
della donna che muore,
la donna petulante
che va tenuta a bada
e che lascio fumante
sul ciglio della strada
Confesso, commissario,
ero anch’io là, hai ragione,
ma s’è accesa da sola
per autocombustione
bruciandosi i vestiti
i bracciali, le collane,
le unghie già annerite
sa, per l’ossidazione
Ora perché mi guardi
come se fossi un mostro?
Perché mi stringi forte
dicendo un Padre Nostro?
Per te che rappresenti
la sete di giustizia
sento mancare il fiato
dal collo dove inizia.
I muscoli si tendono,
non rispondono più
e tu continui a piangere
invocando Gesù.
“Qual è il modo in cui questo tipo di situazioni estreme può essere prevenuto? Due sono le cose, secondo me, che si potrebbero o dovrebbero fare. Di fronte ad una denuncia di maltrattamento o di stalkeraggio, prima di tutto, la convocazione separata delle parti da parte della polizia dovrebbe essere immediata e l’incontro dovrebbe essere svolto, come accade oggi già per i minori vittime di violenza, da personale esperto. Quella che dovrebbe essere proposta in quella sede, da subito, è la possibilità di un sostegno psicoterapeutico e rieducativo per il coniuge violento”.
Quello che Cancrini propone “è evidentemente un modo nuovo e diverso di confrontarsi col problema della violenza di genere e del femminicidio”.
Così Cancrini ci spiega: “ho ben chiaro che proporre in modo sistematico interventi di questo tipo chiede una riorganizzazione profonda (ma necessaria) degli interventi di Pubblica Sicurezza e del funzionamento dei Centri di Salute Mentale. Difficile non vedere, però, che interventi di questo tipo darebbero un contributo molto più significativo di tanti altri alla prevenzione di questi crimini[1]”.
L’antologia di Papa descrive anche:
UNO STUPRATORE
“Vieni con me, France’, ti do un passaggio
ti porto a casa per la scorciatoia,
Per prender solo nel giusto dosaggio
quella pioggerellina che ti annoia”.
Lei mi rispose “sì”, senza coraggio
e sul mio volto si stampò la gioia.
Portarla dove ho sempre avuto in mente:
lontana dai rumori e dalla gente
Indossava una gonna assai leggera
che la faceva donna provocante
dolcissima e accogliente nella sera
quanto di giorno era così distante.
Pensando alla sua bocca così vera,
al suo corpo e al sorriso disarmante,
La macchina fermai dentro al parcheggio
della scuola di musica e solfeggio
Quel giorno, sembra, il tempo era fuggito
e s’era fatto tardi, ormai era notte,
vidi il suo sguardo che, prima stupito
e poi atterrito nel prender le botte,
sul tappetino a terra era finito
insieme alle sue ossa tutte rotte
poi vidi il centro delle sue mutande
e dentro entrarci qualcosa di grande
Tra l’una e l’altra gamba di Francesca
che supina giacea diritto venni,
mordicchiando la pelle sua di pesca
e succhiandole i seni minorenni,
mordendola con foga animalesca,
dicendole parole alte e solenni,
lasciando infine che vinta piangesse
tremasse e urlasse come non volesse
Mi denunciò così, senza rispetto,
dimenticando il nostro grande amore,
la sua ansia e i miei sogni del cassetto,
la sua fuga, il suo gelo e il mio dolore,
disse bugie solo per fare effetto,
per uccidermi e per strapparmi il cuore.
Lei mi ha amato e voluto, sono certo,
e m’ha lasciato solo nel deserto.
I giudici, che sotto hanno il pisello,
sanno l’essere donna che comporta,
sanno che sono prive di cervello
sedute dalla parte della torta
e come importi poco, molto poco,
quello che invece a loro troppo importa:
Mi fanno uscire dopo pochi giorni
escludendo lo stupro e i suoi contorni
Ma mi capita in metropolitana,
andando a lavorare una mattina,
finire in una situazione strana:
una mano che piano si avvicina,
una paura, una speranza vana.
Una mano crudele ed assassina
mi spinge a fondo, sì, mi spinge forte
e io volando giù trovo la morte.
Leggere questi versi fa soffrire, crea malessere, un attorcigliamento dello stomaco: consente di comprendere la violenza del genere umano, che non risparmia nessuno:
UN PRETE
Se penso alla dinamica
con cui sono morto
è una trovata scenica
che mi lascia sconvolto
se penso alla maniera
in cui m’hanno ammazzato
in una casa di ringhiera
dove m’avevano attirato
sfruttando le mie passioni
e il richiamo della carne
che mi han lasciato a terra
nudo com’ero e inerme
Non ero il solo, non ero il solo,
tra i sacerdoti non ero il solo,
era consueto il peccato mio,
quasi un peccato da ministro di Dio
Se penso agli occhi dolci
di quel bimbo triste
sbiadiscono un po’ tutte
le altre mie conquiste
Non ho saputo annusare
l’ingratitudine e il pericolo
sono entrato fiducioso nel vicolo
e non ho potuto più uscire
Mi credevo un benefattore
speravo almeno in un “grazie”
Ora non chiamatemi pedofilo:
ognuno pensi alle proprie disgrazie
Non ero il solo, non ero il solo,
tra i sacerdoti non ero il solo
non ero il solo ad essere uomo
e quindi adesso non chiedo perdono
Se io guardo il fondo
della mia vocazione
certo lo vedo pieno
del fondo della mia passione
delle dita unte
dei gesti divini
delle doppie spunte
nei messaggi inviati ai bambini
Non è colpa mia
non sono io a fare danni
se hanno il cellulare
già prima dei nove anni
Vanno su TikTok
amano la musica trap
e ricevono messaggi rock
dai preti su whatsapp
Il papa per proteggermi
mi manda fuori sede
mi bacia con passione
e mi dice di avere fede
Ho amato tanti mocciosi
e ben pochi sono venuti fuori
continuo altrove, impunito
a immergermi negli odori
A donare alle giovani menti
un po’ del mio spirito santo
trascorrendo con loro momenti divertenti
cospargendoli d’unguento
Non ero il solo, non ero il solo
tra i sacerdoti non ero il solo
restituitemi tutti i miei sogni persi in volo
non sono stato io, erano consenzienti
e poi… non ero il solo
Lasciatemi la felicità
di cui mi hanno privato
quando in quella stanza
mi hanno attirato
quando è caduta, vinta,
la mia virtù impunita
e senza un valido motivo
mi hanno privato della vita.
La voce narrante permette al lettore di mettersi nei panni del criminale e ribalta la prospettiva classica, in maniera stupefacente: mostra la miseria del genere umano, che cerca di deresponsabilizzarsi e trovare una via d’uscita, anche rispetto alla mafia:
UN RAGAZZO DEL SISTEMA
Pataterno, ce staje?
Pataterno, me siente?
Io ero nu buono guaglione
Gennaro Caputo era il mio nome
figlio di un padre padrone
scoperto nel letto di un professore
Patemo era un boss
cu sta cosa s’è scavato ‘a fossa
alla cassa dell’Unigross
gli hanno sparato da dietro al POS
Io ero oramai già cresciuto
e sono venuti da Gennaro Caputo
“14 anni hai superato,
l’età giusta per fare il soldato”
Non ho capito ci sono e entrato
in quella macchina col vetro oscurato
scendevo sparavo e tornavo indietro
di nuovo a nascondermi dietro il vetro
Si deve dire che ero affidabile
sparavo con mano precisa e abile
per non sbagliare miravo alla testa
di tutti gli schizzi la causa è questa
Ma nu juorno ‘e chille in cui ero abbrutito
mi dissero di uccidere la figlia di un pentito
Doje zizze teneva fragorose, indecenti
dovevo sparare, ma strinsi i denti
Lle pigliaje ‘a mano, la portai lontano
a casa di mio cugino,
a Lugano nel Canton Ticino
Restammo nascosti sette giorni su sette
e in quei sette giorni esplorai le sue tette
Poi in poche ore esplorai tutto il resto
con le sue natiche fui molto molesto
“Nenne’, so’ surdato, non ti faccia strano:
fino ai quattordici anni avevo nove in italiano”
Carmela amava il mio cervello
che era quello che le serviva
ma il fatto pure la consolava
d’essere intera e persino viva
A tal punto si è innamorata
che alla fin fine uscimmo per strada
ma un grande amore non è un’armatura
non era certa una vita futura
E nu scugnizzo cu ‘e scarpe sfunnate
scese da un’auto cu ‘e llastre oscurate
uscì, sparò e tornò indietro
di nuovo a nascondersi dietro al vetro
Si deve dire che era stato affidabile
sparando con mano precisa e abile
di tutti gli schizzi la causa è questa
ci aveva colpiti alla testa
Scetateve guagliune d’o sistema
che su di voi io lancio un anatema
non entrate nelle macchine con le vetrate scure
ci sono abitudini più sicure
Pataterno, ce staje?
Pataterno, me siente?
Papa espone il problema della violenza e della diversità di genere e descrive situazioni di bullismo, all’interno della scuola:
UN BULLIZZATO
Frequentavo sciogliendo i capelli
uno degli istituti più belli
ero giovane, cortese e alto
con le unghie dipinte di smalto
Le compagne mi stavano intorno
messaggianti all’inizio del giorno
e sentivano la primavera
messaggianti sul far della sera
Non avevo le losche fattezze
di individui che vivono qui,
non usavo trucchetti e schifezze
né biglietti né ChatGPT
Ma un ragazzo di strano colore
fuoriuscito dal Sacro Cuore
un bel giorno mi vide e sorrise
mi palpò forte il petto e derise
non per nulla ti chiami Giacinto
Te lo dico incazzato tra i denti
come femmina mi hai convinto
Ma siccome nostro Signore
ti voleva, e non ha tutti i torti,
maschio erettile dai peli corti
tu gli provochi molto dolore”
E mi diede una stretta alle palle
arrossandomi tutta la pelle
saltellai per tre ore e trentotto
quindi a casa tornai tutto rotto
“Ma che cosa ti prende, Giacinto?
Perché a scuola non vuoi andare più?”
Reprimevo il mio cuore e il mio istinto
col morale che andava più giù
Alla fine tornai, mi convinse
la mia mamma atterrita dal vuoto:
contro il muro di nuovo mi spinse
dopo avermi afferrato lo scroto
“Sei un ricchione sei frocio sei perso
sei sgradevole sei diverso.
Non sopporto e mi fanno paura
certi scherzi di madre natura”
Mentre già lacrimavo con l’occhio
come molla partì il mio ginocchio
e colpì fracassando i maroni
di quel mostro dai piedi buoni
che a pallone giocava benissimo
e dribblava sembrava fichissimo
perciò il ruolo di cannoniere
ce l’aveva tutte le sere
Tra gli sguardi di brave persone
di compagni già pieni di rabbia
lo lanciai contro il termosifone:
cadde come un castello di sabbia,
poi schiumò come fa il cappuccino.
Lo lasciammo finito per terra
solo, preda del suo destino,
perché disprezzavamo la guerra.
E così, con la morte nel cuore,
penitente, tornò al Sacro Cuore
a ripetere canti e preghiere
ed a piangere lacrime vere.
Papa mette in scena ciò che di solito non viene raccontato né affrontato: dà voce a emozioni e stati d’animo generalmente evitati, come la sopraffazione.
“La possibilità della sopraffazione è il segreto meglio custodito dagli uomini, e che tutti gli uomini conoscono. Tutti gli uomini, anche i mansueti. Ognuno di noi (maschi), riconosce in sé l’eco dell’ascesso psichico dal quale talvolta scaturisce l’aggressione: un bolo di possesso, frustrazione, inadeguatezza, odio, invidia, terrore, ferocia, propensione all’ossessività, desiderio di punizione e annientamento e di autodistruzione, che ci riguarda tutti ma che rimane cautamente oscurato dal dibattito pubblico[1]”.
Il poeta ha scritto anche altri testi, che non rientrano nella Spoon River Criminale, e riguardano metaforicamente degli aspetti relazionali:
Mi sono innamorato di una ciotola
pensare che la vita era monotona
non frequentavo donne e quel ch’è peggio
di nessuna sentivo lo scorreggio
Perché le donne, come sanno tutti
stan sempre in giro a farci in faccia rutti
e vanno sempre con i maschi brutti
Per questo io, che sono tanto bello,
restavo senza donne nel castello.
Non mi mancava per niente l’amore
non mi mancava per niente il dolore
non mi mancavano poesie sdolcinate
e mi ubriacavo nelle serate
Ma allorché sono andato dai cinesi
la prima volta che uscivo dopo mesi,
avvicinandomi con passi guardinghi,
all’ultima corsia dei casalinghi
in mezzo a dei contenitori rossi e blu
amore mio, uscisti fuori tu…
la vita prima era carta igienica che rotola
poi… mi sono innamorato di una ciotola
Una ciotola di plastica,
poco capiente e per niente elastica,
a stento contiene la busta da duecento grammi
ma è l’unica che mi placa gli affanni.
[…]Il mio dolce amore, se è di buon umore,
contiene scatolette di lenticchie,
ma è molto pericolosa e cambia colore
quando le metto dentro le uova sode
loro hanno qualcosa che la corrode
né sopporta il succo di limone
piange e mi diventa più arancione
Ma in fondo non è la condizione
in cui si trovano tutte le persone?
Non rischiamo di fare un danno finale
alla donna che ci ha presi male?
Lei mi riposa sulla pancia rotonda
e mentre dormo è una nave sull’onda
insomma, è un essere che mi fa sesso,
anche se puzza ed è tutta incrostata
per tutte le volte che ho mangiato l’insalata,
la pastasciutta o la pesca sciroppata
le lenticchie o lo spezzatino di patata…
e non l’ho mai lavata
E’ il mio tormento e la mia estasi,
il mio spazio aperto e la mia catena,
la mia colazione e la mia cena
la mia preghiera e la mia bestemmia blasfema
la mia zuppa e il mio gelato
il mio comunista e il mio prelato
la mia santità e il mio peccato
la ciotola di cui sono innamorato.
Papa crea dei personaggi che rappresentano gli aspetti più cupi e virulenti dell’uomo, descrive la violenza in contesti diversi, legati dal filo rosso delle relazioni della nostra attualità. Il poeta accompagna il lettore al confine tra vita e morte, violenza e abuso, e usa come antidoto l’umorismo, per sdrammatizzare la condizione umana.
[1] Giordano P, Corriere della Sera, 21.11.2023
[1] https://www.facebook.com/L.Cancrini?locale=it_IT.
[1] https://www.facebook.com/L.Cancrini?locale=it_IT.