“La mattina, nuovo giorno, illumini tutto.
La notte tutto colori di un pensiero profondo”.
(Luce e ombra, D. Chisci)
Daniela Chisci è nata a Firenze (1964), è erborista, appassionata di lettura, scrittura e cinema. Ha scritto racconti e sta lavorando alla scrittura di un romanzo giallo.
Nelle sue poesie percepiamo l’osservazione del mondo esterno e gli stati emotivi interni: l’ispirazione nasce all’improvviso, da uno sguardo o da uno sfiorarsi tra estranei, che avviene
MENTRE CAMMINO
Sole che appari di mattina sull’asfalto
Incontro di figure che si muovono
Passi che si superano
Ombre che si attraversano
Muto impatto, respiri trattenuti
Curiosità che mi scuote.
Il contatto con l’altro è lieve, avviene in un gioco di luci ed ombre, attraversando
SOTTOPASSAGGI
Passare fra gente qualunque che fa spazio
Ragazzi che fumano
Odore di erba e di abiti puliti
Ricordi lontani di fuga
Volti che interrogano silenziosi urlando “ci sono anch’io”
con la consapevolezza di un abbandono
Bisogno di stretta.
A tutti noi è capitato di immaginare la storia di persone incrociate per strada (e mai conosciute) e la poetessa ci racconta questi incontri. L’esterno è in contatto con l’interno e le stagioni hanno una corrispondenza con gli stati d’animo e con le relazioni: gela tutto in un attimo, in
INVERNO
Inverno che con passo deciso entri nello spazio
Ti appropri del tempo
Geli le cose
Mentre passi furtivo nell’ombra
Sbirciando il fuoco dei camini
mentre germogliano nuove speranze in
PRIMAVERA
Arrivi come una cosa nuova
Risveglio al tuo passaggio
L’aria si colora stando in posa
Nuovi amori non sono più un miraggio.
La poesia della Chisci sviluppa un percorso terapeutico “per trovare una via per andare lontano, senza fuggire” e per rielaborare le ferite, le delusioni e
l’ADDIO
Un silenzio di parole
Una parola a bassa voce
Un urlo che si strozza
Il mio cuore che si frantuma.
Può la poesia servire per ridare fiato all’urlo che si strozza? Per trovare parole nuove? “Quando le parole, i silenzi e i gesti curano?” così si domanda Dome Bulfaro nel suo articolo[1], nel quale afferma che: “le parole potrebbero curare come far ammalare. La parola è la materia prima più evidente della Poesia, così come lo è della Poesiaterapia, la quale come facilmente si deduce dalla parola, che la definisce, impiega principalmente la Poesia, tra le forme letterarie esistenti, come suo strumento terapeutico precipuo. Ma quale ruolo ha la parola in un percorso di guarigione poetico-terapeutico? Come, attraverso la parola, si può aiutare una persona a ritrovare una strada che la conduca fuori dalla sofferenza in cui è sprofondata?[2]”.
Per Dome Bulfaro è fondamentale “spostare sulle parole poetiche, anziché su quelle ordinarie, il baricentro del proprio percepire[3]” (D. Bulfaro, 2024) ed è importante “non usare il linguaggio come fosse uno strumento ma lasciarsi attraversare dal suo trauma[4]” (M. Recalcati, 2024). Attraverso il linguaggio poetico infatti si possono trasformare le emozioni profonde e affrontare la PAURA
Parole che trafiggono il cuore come lame
mi atterriscono
Immobile verso lacrime che mi svuotano
Freddo senza fine.
Per la scrittrice le parole possono essere lame, che frantumano il cuore.
“Ogni parola detta o anche solo pensata possiede un proprio peso specifico, che porta in sé un potenziale grado d’incidenza trasformativa, in senso armonico o disarmonico, piacevole o spiacevole, che sgrava o appesantisce. Lo stesso vale per i silenzi parlanti, ovvero quei silenzi che sono portatori di senso, al pari e spesso più delle parole, come ben sanno i grandi poeti, poiché la poesia prima di essere arte del dire parole è arte dell’ascoltare la voce e le parole dei silenzi[5]” (D. Bulfaro, 2024).
Cosa fare quando il silenzio diventa un muro?
MURO
Il cuore batte,
non si può contenere.
Resistenza oltre misura.
Dici di no, è di nuovo silenzio.
Per ritrovare stabilità è necessario elaborare la storia personale del passato, contattare gli stati d’animo nel presente e sperimentare la
SORPRESA
Credo di aver smarrito qualcosa a me caro
Disagio, ricordi di bambina
Mi affanno nella ricerca… mi rassegno,
sussulto
e scopro che si è nascosto fra le pieghe di una borsa
per farmi impazzire al pensiero che non posso
stare senza.
Possiamo domandarci se “la poesia è sempre terapeutica?”. Risposte a questa domanda sono state sviluppate nella rivista Poetry Therapy Italia[1]. Ma che cosa è la Poesiaterapia? “La poetry therapy si basa sulla premessa che la scrittura poetica abbia proprietà curative” (Campbell, 2007 in L. Buonaguidi, 2020). “È uno strumento clinico che utilizza la scrittura poetica al fine di facilitare la consapevolezza psicologica, la creatività e il significato personale di sé[2]” (Silverman, 1986, in L. Buonaguidi, 2020) e di esternare le proprie
ESPRESSIONI
Sento bussare al mio cuore
È il mio io
che chiede di rompere le catene del silenzio
per spalancare la porta e uscire allo scoperto.
“La poesiaterapia è l’arte di cucire, con la massima cura, per mezzo delle parole, un abito interiore” (D. Bulfaro, 2024).
“Nata agli albori del mondo, ma diffusasi solo recentemente, la poetry therapy rappresenta uno strumento efficace per il raggiungimento del benessere individuale e di gruppo” (L. Buonaguidi, 2020). Ha una storia che “affonda nell’Egitto del 4000 a.C., quando medici e sacerdoti non solo raccomandano la lettura dei canti poetici per guarire gli invasati, ma per un effetto più rapido imbevono i papiri con una soluzione che permetta di ingerirli” (Rojcewicz, 1999)… “nel 1981, negli Stati Uniti nasce la NAPT, National Association of Poetry Therapy, che si assume la difficile responsabilità di compiere una ricognizione teorica e metodologica, lunga seimila anni, per proporre di nuovo la poesia come pratica di cura, stavolta in tutto il mondo”.
Mazza (in L. Buonaguidi, 2020) descrive come elementi di poetry therapy vengano utilizzati attraverso differenti metodologie. La sua proposta metodologica fa riferimento a tre componenti essenziali:
- Il metodo ricettivo/prescrittivo, che prevede l’introduzione della letteratura all’interno della terapia, con la lettura di un testo poetico, per sollecitare una reazione.
- Il metodo espressivo/creativo, che prevede la scrittura dei clienti all’interno della terapia, suddiviso in tre modalità di scrittura: la scrittura creativa (che include poesie e racconti), la scrittura di diari e giornali e la scrittura di lettere.
- Il metodo simbolico/cerimoniale, che prevede l’uso della metafora, di rituali e del raccontare storie, come strumenti per il progredire del processo terapeutico.
Secondo Mazza “tutte e tre le componenti hanno il potenziale di orientare i domini cognitivi, affettivi e comportamentali dell’esperienza umana” ed è attraverso questa proposta flessibile, comprensiva e integrata che la poetry therapy si propone come metodologia compatibile con la maggior parte dei modelli psicologici e psicoterapici (L. Buonaguidi, 2020).
Per Barron (1974, in L. Buonaguidi, 2023) “attraverso la poesia, il poeta deve identificare le sue emozioni e arrivare a capire come questi sentimenti si riferiscono ai mondi naturali e umani che li circondano[3]”. Così fa la Chisci, che utilizza la scrittura per individuare ciò che sente e che vede intorno a sé, in una sorta di diario personale in cui raccogliere le sue annotazioni:
SEQUENZA DI STAGIONI
Dolce montagna ti copri con lacrime di pioggia
Ti vesti di neve con timido pudore
Ti scopri ridente in un tiepido calore
È un nuovo giorno…
Quale è il paesaggio della poesia?
“Ogni lingua disegna un proprio paesaggio sonoro, semantico, emotivo, psichico, spirituale” … “Ogni parola è una pianta del paesaggio linguistico di una terra e del suo popolo. Siamo stati in questi ultimi decenni troppo accondiscendenti, e quindi complici, del degrado delle parole e del discorso[4]” (D. Bulfaro, 2024).
“Penso a quella violenta trasformazione subita dal paesaggio italiano tra gli anni Sessanta-Settanta e denunciata nel 1975 da P. P. Pasolini: «Nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più”… “Quel qualcosa che è accaduto, una decina di anni fa, lo chiamerò dunque scomparsa delle lucciole». Quel qualcosa di magico e di visibile solo nella notte della nostra lingua, che ha nelle lucciole di Pasolini la sua metafora immaginifica, sta scomparendo per sempre” (D. Bulfaro, 2024).
Tramite la poesia si può avviare un processo di contemplazione della natura, che viene interiorizzata dalla Chisci, come elemento evolutivo in connessione rispettosa con l’ambiente.
In conclusione “dobbiamo riconoscere che le parole non sono chiavi che aprono singole serrature. Piuttosto si tratta di passepartout che aprono la strada a livelli di consapevolezza non solo cognitiva, ma anche emotiva, e persino di attivazione fisica e motoria. Per questo diciamo che le parole di per sé non sono né “buone” né “cattive”, ma non possiamo neanche dire che siano “neutre”. Di fatto le parole entrano a interagire con il nostro universo di coscienza e nel farlo possono ferire o creare disagio, ma hanno anche la benedetta funzione riparatrice, cioè di innescare processi correttivi, riparativi, rigeneratori. Per questo è importante riflettere sul fatto che, se usate bene, le parole curano[5]” (P. M. Manzalini, 2024).
Rispetto al lavoro con i pazienti, “vivere nella relazione di cura, significa partire da quale verità e quanta verità l’altro è in grado di accogliere, e da quale e quanta verità siamo in grado noi di condividere nel migliore dei modi, consapevoli che spesso la paura di sbagliare non fa compiere i gesti e non fa dire le parole che dovremmo o non ci fa costruire il silenzio che servirebbe[1]” (D. Bulfaro, 2024).
Dunque, “le parole hanno un valore soggettivo-esperienziale–relazionale. Il loro impatto e i loro effetti terapeutici o nocivi sono misurabili in chi o cosa è coinvolto nella loro azione, sia qui e ora, sia nel tempo a venire[2]” (D. Bulfaro, 2024).
Il percorso della Chisci attraversa parole e silenzi, luci ed ombre, tepore e gelo, mentre la fiammella della poesia riscalda e illumina nelle difficoltà.
La poetessa valica le sofferenze, racchiuse metaforicamente nell’ urlo che si strozza, ben riprodotto dal pittore Munch, per approdare ai panorami raffigurati da Friedrich, in cui l’essere umano fa parte della natura. “Tu-io-noi universi, interconnessi e intraconnessi, in auto mutuo aiuto, solidali[3]” (D. Bulfaro, 2024), questa è la direzione per costruire delle relazioni affettive significative, in un
ATTIMO
Come può “Amore”?
In sé vita, calore, dolcezza, stupore…
Volere, sentire, gioire, aspettare…
Un cenno che non vuoi vedere.
“Novalis avvertiva coloro che intendessero avventurarsi nel comprendere o, addirittura, nel provare a spiegare l’amore, che la sola possibile iniziazione a questo oscuro discorso era quella offerta dai poeti”…“Sono, dunque, i poeti, non gli psicoanalisti, ad insegnarcelo: l’incontro d’amore è un colpo, un urto, un taglio, talvolta una catastrofe persino, che ci spoglia del nostro Io sottraendoci all’ordine rassicurante della realtà canonica”… “L’amore esige non solo il desiderio e la sua erotica ma, come meglio di tutti sanno ancora i poeti, anche la cura” (M. Recalcati, 2024).
Il prendersi cura (di sé, dell’altro e della relazione) è l’ingrediente fondamentale che lega poesia e psicologia.
“In quest’epoca dove gli esseri umani e le creature sono sempre più spesso ridotti a numeri e oggetti, sottoposti a cure standard, occorre attivare una forza che contrasti questo processo di inflazione del valore della parola, legata inevitabilmente all’inflazione del valore della vita. Riconoscere di nuovo che noi e l’altro da noi siamo reciproci doni sacri, significa restituire a ogni nostra parola, silenzio e gesto la massima importanza”[4] che risiede nell’incontro con l’altro e nella relazione.
[2] Bulfaro D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio
[3] Bulfaro D. (2024) La poesia è sempre terapeutica? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio.
[4],4 Bulfaro, D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia, Numero 009, 11 Gennaio.
[1] N 9, 11 gennaio 2024.
[2] Buonaguidi L (2020) Introduzione alla Poetry Therapy Poetry Therapy Italia, Numero 000, 1 febbraio.
[3] Buonaguidi L. (2023) Poesia e psiche. Dall’ispirazione poetica alla terapia della poesia. Mille Gru, Monza.
[4] Bulfaro D. (2024) Ecopoeti in difesa dellas bellezza antica di ogni lingua Poetry Therapy Italia, Numero 009, 11 Gennaio.
[5] Manzalini P. M. (2024) Quando la parola cura – Origini e potenzialità della più specifica caratteristica della specie umana Poetry Therapy Italia, Numero 009, 11 Gennaio.
[1] Bulfaro D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio.
[2] Bulfaro D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio.
[3] Bulfaro D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio.
[4] Recalcati M (2024) Nella poesia si incontrano Eros e Psiche, La Repubblica, 29 gennaio.
[5] Bulfaro D. (2024) Quando le parole, i silenzi e i gesti curano? Poetry Therapy Italia Numero 009, 11 Gennaio