“In questa lontananza
da noi
siamo stati
dardi e bersaglio”
(G. Maffii, Sequenze per sbagliare il bersaglio)
Giulio Maffii[1] insegna all’Università di Firenze e collabora con la compagnia teatrale Bubamara Teatro, in residenza artistica presso il teatro di Buti.
I suoi testi sono pubblicati in riviste internazionali, in particolare negli USA, Europa e Asia e gli hanno dedicato recentemente il nr.90 di Inspirational art magazine, rivista inglese specializzata in arte visiva.
La “poesia visiva adopera la simultanea presenza di scrittura e di immagini per aprire una riflessione sulle possibilità di relazione e contaminazione fra questi due linguaggi espressivi[2]” (L. Pini, 2018).Maffii innova la poesia visiva in veste grafica e si occupa anche di collage digitali, che lui chiama artigianali.
I collage sono una tecnica utilizzata anche in terapia familiare, generalmente per approfondire aspetti legati all’idea di coppia, ai valori o alla sessualità[3] (R. de Bernart, B. Buralli, 2001).
Nei collage Maffii adotta la “serialità” nella produzione: utilizza sempre lo stesso soggetto (un giovane con il surf, chiamato Dudo) e lo ripropone in infinite variazioni, come se fosse il protagonista di vicende oniriche. La sua riproduzione in ogni collage porta alla perdita del significato originario e colloca il soggetto in una dimensione straniante. Tutto sembra semplice, ma in realtà il personaggio si colloca nella crisi della nostra società: non è mai lo stesso, al massimo una clonazione.
L’autore sviluppa il tema del doppio (e della ricerca d’identità) anche in Sequenze per sbagliare il bersaglio[4], suo ultimo lavoro di poesia sperimentale/visuale, a cui si riferisce questo articolo.
“Il caso delle Sequenze per sbagliare il bersaglio di Giulio Maffii può sicuramente inserirsi nel solco di una tradizione che comincia a essere antica (basta pensare che è passato più di un secolo dai Calligrammi di Apollinaire), nel senso che anche Maffii, di fatto, fa interagire parola e immagine”[…] “Eppure l’operazione di Maffii appare anche nuova[5]”(A. F. Perozzi, 2021), perché “forza i ranghi non solo della orizzontalità poetica, strizzando l’occhio alle avanguardie novecentesche, ma anche della consuetudine libraria stessa, con l’assenza di elementi para-testuali apparentemente imprescindibili come l’indice” (G. Cavaleri, 2021).
“Diviso in cinque sezioni, Sequenze si presenta come una raccolta di mappe concettuali, grafici, schemi che rimandano evidentemente ai programmi d’ufficio, e a PowerPoint su tutti. Questi che potremmo definire a tutti gli effetti dei layout, poi, incasellano e strutturano testi che – di conseguenza – diventano refrattari alle etichette di prosa e poesia” (A.F. Perozzi).
Ma che significato ha tutto questo? Dove ci vuol condurre l’autore, attraverso scelte che mutano forma e contenuto?
Tra Inquadrature e Piani sequenze gli oggetti domestici assumono un aspetto antico, citano la storia (le persiane senza Serse aprono alla podologia del pavimento/ la distesa degli asciugamani – cavalieri templari a difesa del sacro sepolcro – Sono sindoni in fila sul terrazzo) e la traslano all’interno di griglie moderne: nell’accostamento tra passato e presente risiede la poesia.
“Se prendiamo infatti i testi delle Sequenze in quanto tali – e cioè come pure parole, separate dal contesto grafico – possiamo rintracciare una lingua piana, accogliente, nonché immagini archetipiche o altamente simbolizzate («olivi», «luce», «dio», «siepi», e via discorrendo), oppure realistiche, quotidiane («stipato/ sfiatato sopra un autobus/ odore di cous cous industriale») (A. F. Perozzi, 2021), di una poesia tangibile fatta anche di autobus, odori, fazzoletti e caramelle.
“La varietà dei registri è il gioco poetico su cui si basano le narrazioni dentro una precisa architettura, che è alla base di ogni lavoro[6]”.
La sintassi spezzata riproduce lo sgretolamento del nostro tempo, ma la raccolta possiede una continuità e ci narra una storia sull’essere umano e la società.
Le attività e le abitudini di tutti i giorni ricercano un’integrazione, perché l’attualità ci vuole frammentati, disconnessi e separati. Il rischio è quello di diventare isole alla deriva perché tutto è separazione e la parola è frattura esposta (G. Maffii, 2021).
E viviamo
“una vita espressa in fretta
con il fiato accelerato
e la sensazione di aver perso
– o dimenticato –
qualcosa nel taschino”.
Il tema della frantumazione appare già dalla copertina, che ricorda quasi un catalogo d’arte, per le varietà cromatiche. “Tra mandala da ufficio delle human resources e miniaturismo di ascendenza medievale, questo libro strania la poesia nella forma canonizzata strappandole di dosso la ieraticità della direzione obbligatoria: il testo, tra frecce e costrutti ad albero, ci informa su un suo plausibile orientamento, ma in background risuona chiara la domanda chi sono io per dire al lettore come deve leggere il mio pensiero? […] Maffii ci fa leggere in diagrammi e istogrammi la precarietà di questa vita al condizionale” (G. Cavalieri, 2021) e un’analisi sociale sugli usi e i costumi dell’uomo: aspetti individuali che diventano universali.
A volte con umorismo, altre con sconforto e spesso con giochi di parole, Maffii ci presenta alcuni elementi ricorrenti (come il rame, il fuoco, i sassi, il marmo), e un tessuto microscopico come una caramella (all’anice).
Le finestre sono descritte con le loro componenti – le persiane, il vetro – ed emergono come aperture improvvise, che regalano uno spaccato sul mondo; ad esempio, immagini sensoriali che sanno di siccità – il passo secco della sera e il palmo secco di dicembre.
“Certo è che la lettura della raccolta richiede la presenza di un lettore forte, disposto a volte anche a negoziare il significato dell’interpretazione, perché nei versi incastonati all’interno dei layout standardizzati la sequenza stessa della lettura appare a volte incerta, altre volte obbligata, altre ancora ambigua[1]”[…]“l’intera raccolta è programmaticamente concepita per non risolversi, per non centrarlo il bersaglio” (G. Cavalieri, 2021). Ma forse è proprio partendo dai limiti umani (non siamo immortali), inclusa la morte, e dichiarando subito che il bersaglio non si centrerà (non contano perfezione e prestazione), che si possono cogliere le paure e i disagi della civiltà.
Il conflitto tra apparire ed essere, tra cultura e natura, sono del singolo ma anche della collettività, che, tramite la poesia, può muoversi su una struttura di parole nuove, arrampicarsi sulle frasi per trovare un diverso senso:
“sarebbe bastato
spostare un accento
aggiungere una
lettera fingere uno
smarrimento o darsi
morto per un giorno
in più”.
L’uomo può intraprendere un percorso, scegliere le sequenze per sbagliare il bersaglio, perché è proprio nell’errore che siamo vivi, autentici e capaci di trovare una soluzione. “In più luoghi sperimentiamo la burocrazia del vivere, l’obbligo a seguire il copione e rispettare i ruoli, ma questa staffilata funge anche da invito alla reazione, a sbagliare volontariamente e non colpire il bersaglio che ci hanno posto di fronte, a ricordarsi / di tanto in tanto / di essere felici / perlomeno / unici[2]” (M. Di Pasquale).
L’individuo è portatore di un disagio e il poeta suggerisce delle alternative: si può non inserire l’indice e anche lasciare una pagina nera. La raccolta di poesie diventa essa stessa la metafora della possibilità di un cambiamento: si può andare oltre, rompere gli schemi e cercare un bersaglio dentro di noi, che nessuno possa vedere.
I testi di Maffii potrebbero rappresentare un processo terapeutico, in cui il proprio bagaglio familiare e culturale si integra con l’ambiente, alla ricerca di una identità che sia unica e vera. Questo è il bersaglio intorno al quale girare, affrontando il rischio di perdersi o di sdoppiarsi dietro ai ruoli da rappresentare, in un clima di inquietudine “del sosia, duplicato allarmante” (G. Cavalieri, 2021) potenziale di se stesso.
Il trauma della separazione (tutto è separazione) permane nella frammentazione dell’Io moderno, nel ritmo frenetico dell’attualità e nell’alternanza di sentimenti su polarità semantiche, come eccellenza/inadeguatezza, dio/nulla, precisione/ sfocatura, matrice/replica. “Ci troviamo quindi di fronte a un campo d’immaginazione che riguarda lo scontro tra l’aspirazione a essere e qualcosa che lo impedisce (qualcuno/ ti scuote il braccio muori/ di nuovo inghiottito dalla folla), che è la condizione tipica dell’uomo occidentale contemporaneo” (A. F. Perozzi, 2021).
In questo smarrimento si prosegue come in un labirinto, nel quale ognuno deve trovare da solo la propria strada, come nella lettura di questi versi.
“Ne è prova il fatto che il movimento del testo è innescato sia dalla parola (una frase che rimane appesa e il lettore che cerca di capire qual è la successiva) sia dall’immagine (geometrica, da attraversare, da intendere perciò come planimetria o labirinto), con i due sistemi che interferiscono. Tale interferenza, però, – e questo è il punto – non è del tutto affidabile: spesso troviamo frecce e indicazioni che depistano la lettura invece di guidarla […] Al lettore, per contro, l’idea di testo non più come tessuto ma come interfaccia” (A. F. Perozzi, 2021).
Le parole chiave di questa lettura, dunque, possono essere integrazione e interazione: integrazioneinterna alle polarità relazionali e interazione con il lettore, che intraprende un percorso proiettivo sul testo.
“La parola poetica si candida quindi ad interrompere l’ossessività del pendolarismo esistenziale che ci assillerà fino al capolinea, e addirittura chiudere gli occhi ed abbandonarsi al nero pece dell’ultima pagina sarà l’atto supremo di ribellione: sottrarsi al tiro al bersaglio” (M. Di Pasquale).
Per Maffii “si scrive per sapere come va a finire[3]” perché attraverso la scrittura si rintraccia un rapporto tra conscio e inconscio. Scrivere è uno strumento terapeutico che permette di modificare il copione e di liberarsi dai ruoli prestabiliti.
La scrittura di Maffii considera anche il lato cieco del bersaglio, consente di cambiare punto di vista e traccia un percorso psico-poetico nella comunità.
[1] Cavaleri G. (2021) Nota di lettura a “Sequenze per sbagliare il bersaglio” di Giulio Maffii, https://www.almapoesia.it/post/le-contaminazioni-di-alma-sequenze-per-sbagliare-il-bersaglio-di-giulio-maffii
[2] Di Pasquale M. (2021) Da un capo all’altro della lingua/Su Sequenze per sbagliare il bersaglio di Giulio Maffii,https://www.poesiadelnostrotempo.it/da-un-capo-allaltro-della-lingua-su-sequenze-per-sbagliare-il-bersaglio-di-giulio-maffii/
[3] Maffii G. (2024) Don’t be fooled by the title inedito in Italia, pubblicato in lingua inglese in Objects, Dunlin press London.
[1] Tra i lavori poetici ricordiamo: Misinabì (2014), Il ballo delle riluttanti (2015), Giusto un tarlo sulla trave (2016) e Angina d’amour (2018), RadioGrafie (2021), Sequenze per sbagliare il bersaglio (2021). Nel 2022 ha scritto Atletico sull’Atlantico e per Arteidolia di New York una serie di 5 lavori di poesia visuale. È stato inserito all’interno di Objects (2024), unico italiano presente nel libro che raccoglie il meglio della poesia sperimentale/visiva anglosassone. Tra i saggi: Le mucche non leggono Montale (2013), L’Io cantore e narrante dagli aedi ai poeti domenicali: orazion picciola sulla parabola dell’epos (2014), Con i piedi in avanti: la lunga passeggiata di anthropos e thanatos tra poesia e vizi simili (2020).
[2] Pini L., Preludio (2018) CinqueSensi editore, Lucca.
[3] de Bernart R., Buralli B., (2001), Il letto a sei piazze, Psicobiettivo, volume ventunesimo 1.
[4] Maffii G. (2021) Sequenze per sbagliare il bersaglio, Pietre vive editore, Modugno.
[5] Perozzi A. F. (2021) Interfaccia e ingovernabilità in “Sequenze per sbagliare il bersaglio” di Giulio Maffii,https://poetarumsilva.com/2021/10/21/maffii-sequenze-per-sbagliare-il-bersaglio/
[6] Frequenze poetiche, Giulio Maffii Piccola antologia